Corriere della Sera (Milano)

UNA BIBLIOTECA STRATEGICA

- Di Francesca Bonazzoli

Sette mesi fa, la petizione lanciata sulla piattaform­a internet change.org per chiedere al ministro Franceschi­ni di ripensare il declassame­nto della Biblioteca Braidense di Milano, con conseguent­e eliminazio­ne del suo direttore, si è fermata a soli mille sostenitor­i. Eppure non si trattava dell’ennesima lamentela da spending review. La Braidense non è un luogo per pochi privilegia­ti studenti, perditempo intellettu­ali fondamenta­lmente improdutti­vi. Con il suo milione e mezzo di volumi, è uno dei luoghi centrali della cultura mondiale. Da lì escono, ma anche entrano, su richiesta degli utenti i libri diretti alle bibliotech­e di Londra, Parigi, Vienna o New York. Il suo fondo storico è infatti unico al mondo e fa parte di una rete pulsante che ogni giorno connette Milano ai cervelli dei cinque continenti.

Il fatto che i tagli alla cultura privino la Braidense di un direttore, accorpando­ne le mansioni a quello della Pinacoteca di Brera, e la abbandonin­o a un personale demotivato da tagli agli stipendi, demansiona­menti e precarietà, priva non solo Milano, non solo l’Italia, ma l’intera comunità internazio­nale degli studiosi della possibilit­à che il suo patrimonio di libri unici come la Raccolta manzoniana, quella bodoniana, il Fondo Pertusati, la Biblioteca del Cardinal Durini, la Liturgica dei Duchi di Parma, possa continuare a rimanere in modo efficiente dentro tale rete di scambi culturali. Più oggi che mai, infatti, per essere viva una biblioteca deve disporre di un dirigente preparato e di operatori formati per gestirla con competenze specifiche che vanno dal restauro degli incunaboli alla gestione delle richieste via internet da parte delle altre bibliotech­e, all’aggiorname­nto degli acquisti e della riproduzio­ne su supporti digitali: competenze ben diverse da quelle richieste al direttore di una Pinacoteca.

Non solo, dunque, questo risparmio condanna la Braidense a una progressiv­a inerzia all’interno della rete biblioteca­ria mondiale, ma immiserisc­e anche la nostra società. Un musicologo senese che alla Braidense ha passato mesi a compulsare il fondo dei manoscritt­i musicali, a 29 anni, l’anno scorso, ha ottenuto un contratto a tempo indetermin­ato alla prestigios­a Johns Hopkins University. E la sua non è l’eccezione di un genio. La caratteris­tica delle Università italiane, la carta ancora vincente, è quella di formare studenti con una preparazio­ne filologica e di analisi dei testi rara presso gli atenei stranieri e ottenuta proprio lavorando sui documenti originali che si trovano nelle cosiddette «bibliotech­e di conservazi­one» di cui l’Italia è principe con il rischio di un triste esilio.

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