Ricetta per l’Oltrepò malato «Più qualità e meno litigi»
L’assessore Fava: chi produce venda le sue bottiglie direttamente
Nei giorni della vendemmia, l’Oltrepò pavese, uno dei territori più importanti per la produzione vinicola, vive un momento difficilissimo: inchieste giudiziarie, scontri tra produttori e un futuro incerto. La Regione Lombardia può giocare un ruolo decisivo per il rilancio dell’area e l’assessore all’Agricoltura Gianni Fava è il politico più discusso in questi giorni tormentati.
Assessore Fava, è indubbio che dopo l’avvio dell’inchiesta sul vino adulterato che vede coinvolta la cantina Terre d’Oltrepò la zona abbia bisogno di un cambio di passo. La Regione ha una strategia?
«Da oltre due anni continuiamo ad indicare la strada della valorizzazione del vino in bottiglia e della conversione di fatto del sistema tradizionale che per decenni ha caratterizzato l’Oltrepò. Il resto lo devono fare le imprese e i loro organismi di rappresentanza. La Regione continuerà a investire sulla promozione e sull’internazionalizzazione».
Mi ha sorpreso il fatto che quando un gruppo di produttori, per difendere la qualità del vino, è uscito dal Consorzio (in cui Terre d’Oltrepò è la cantina più importante) lei si sia schierato con il Consorzio senza tener conto delle ragioni dei contestatori. Poi due settimane fa la Regione, proprio in nome della qualità, ha lanciato l ’ International Sparkling Awards, una sfida mondiale tra i produttori di spumante Metodo classico, coinvolgendo Ais Lombardia, la Statale di Milano. Qual è la vostra scelta?
«Io non mi sono schierato con nessuno. Ho solo ribadito che in Lombardia esistono 12 aree di produzione del vino, organizzate in consorzi: in 11 su 12 aree questi sono gli unici interlocutori che abbiamo. L’anomalia dell’Oltrepò sta tutta lì. Trovo sacrosanto che le regole statutarie del consorzio possano cambiare e che il dibattito possa essere vivace, quello che non accetto è che un soggetto istituzionale venga delegittimato a mezzo stampa. Esistono sedi ove dibattere e soggetti disposti ad ascoltare. Io forse l’ho fatto anche troppo. Nessuno può negare la mia disponibilità. La Regione sta con le istituzioni. Sulla qualità del vino come percorso obbligato sfido chiunque a trovare mie dichiarazioni contrarie».
Lei ha sostenuto in una recente intervista alla Provincia Pavese che l’Oltrepò è un «territorio autodistruttivo». Che errori sono stati fatti? Perché l’Oltrepò si sta impoverendo e ottime vigne vengono abbandonate, mentre in altre regioni con Consorzi ben gestiti l’economia del vino riesce a creare valore?
«Non serve guardare lontano. Basta vedere quanto fatto altrove in Lombardia. Penso al Franciacorta, alla Valtellina, al Lugana. Territori che stanno avendo grandi risultati. Aree dove, con modalità diverse, non si è negata la rappresentanza ai consorzi, che hanno svolto la propria funzione. Nell’Oltrepò purtroppo le divisioni personali e le rivalità aziendali hanno avuto il sopravvento. Credo sia un dato di fatto».
Una delle chiavi per il rilancio del mondo vitivinicolo è pagare le uve il giusto. Quale può essere allora la strada per ribilanciare l’economia in modo da ripartire?
«Solo valorizzando in modo adeguato il prodotto finale al consumo si possono avere ricadute positive sulla materia prima. E per farlo bisogna spingere sempre più produttori a investire per attrezzarsi e arrivare in proprio alla commercializzazione delle bottiglie. Oltre ovviamente a supportare la promozione su nuovi mercati. Per questo abbiamo messo a disposizione importanti risorse sul Psr (Piani di sviluppo rurale ndr) e continuiamo a sostenere le misure ocm (le regole del mercato e i finanziamenti alla promozione ndr) ».
In altre zone della Lombardia i consorzi svolgono la loro funzione con buoni risultati Qui invece hanno pesato soprattutto le troppe rivalità aziendali e divisioni personali