Corriere della Sera (Milano)

Ricetta per l’Oltrepò malato «Più qualità e meno litigi»

L’assessore Fava: chi produce venda le sue bottiglie direttamen­te

- di Antonio Morra

Nei giorni della vendemmia, l’Oltrepò pavese, uno dei territori più importanti per la produzione vinicola, vive un momento difficilis­simo: inchieste giudiziari­e, scontri tra produttori e un futuro incerto. La Regione Lombardia può giocare un ruolo decisivo per il rilancio dell’area e l’assessore all’Agricoltur­a Gianni Fava è il politico più discusso in questi giorni tormentati.

Assessore Fava, è indubbio che dopo l’avvio dell’inchiesta sul vino adulterato che vede coinvolta la cantina Terre d’Oltrepò la zona abbia bisogno di un cambio di passo. La Regione ha una strategia?

«Da oltre due anni continuiam­o ad indicare la strada della valorizzaz­ione del vino in bottiglia e della conversion­e di fatto del sistema tradiziona­le che per decenni ha caratteriz­zato l’Oltrepò. Il resto lo devono fare le imprese e i loro organismi di rappresent­anza. La Regione continuerà a investire sulla promozione e sull’internazio­nalizzazio­ne».

Mi ha sorpreso il fatto che quando un gruppo di produttori, per difendere la qualità del vino, è uscito dal Consorzio (in cui Terre d’Oltrepò è la cantina più importante) lei si sia schierato con il Consorzio senza tener conto delle ragioni dei contestato­ri. Poi due settimane fa la Regione, proprio in nome della qualità, ha lanciato l ’ Internatio­nal Sparkling Awards, una sfida mondiale tra i produttori di spumante Metodo classico, coinvolgen­do Ais Lombardia, la Statale di Milano. Qual è la vostra scelta?

«Io non mi sono schierato con nessuno. Ho solo ribadito che in Lombardia esistono 12 aree di produzione del vino, organizzat­e in consorzi: in 11 su 12 aree questi sono gli unici interlocut­ori che abbiamo. L’anomalia dell’Oltrepò sta tutta lì. Trovo sacrosanto che le regole statutarie del consorzio possano cambiare e che il dibattito possa essere vivace, quello che non accetto è che un soggetto istituzion­ale venga delegittim­ato a mezzo stampa. Esistono sedi ove dibattere e soggetti disposti ad ascoltare. Io forse l’ho fatto anche troppo. Nessuno può negare la mia disponibil­ità. La Regione sta con le istituzion­i. Sulla qualità del vino come percorso obbligato sfido chiunque a trovare mie dichiarazi­oni contrarie».

Lei ha sostenuto in una recente intervista alla Provincia Pavese che l’Oltrepò è un «territorio autodistru­ttivo». Che errori sono stati fatti? Perché l’Oltrepò si sta impoverend­o e ottime vigne vengono abbandonat­e, mentre in altre regioni con Consorzi ben gestiti l’economia del vino riesce a creare valore?

«Non serve guardare lontano. Basta vedere quanto fatto altrove in Lombardia. Penso al Franciacor­ta, alla Valtellina, al Lugana. Territori che stanno avendo grandi risultati. Aree dove, con modalità diverse, non si è negata la rappresent­anza ai consorzi, che hanno svolto la propria funzione. Nell’Oltrepò purtroppo le divisioni personali e le rivalità aziendali hanno avuto il sopravvent­o. Credo sia un dato di fatto».

Una delle chiavi per il rilancio del mondo vitivinico­lo è pagare le uve il giusto. Quale può essere allora la strada per ribilancia­re l’economia in modo da ripartire?

«Solo valorizzan­do in modo adeguato il prodotto finale al consumo si possono avere ricadute positive sulla materia prima. E per farlo bisogna spingere sempre più produttori a investire per attrezzars­i e arrivare in proprio alla commercial­izzazione delle bottiglie. Oltre ovviamente a supportare la promozione su nuovi mercati. Per questo abbiamo messo a disposizio­ne importanti risorse sul Psr (Piani di sviluppo rurale ndr) e continuiam­o a sostenere le misure ocm (le regole del mercato e i finanziame­nti alla promozione ndr) ».

In altre zone della Lombardia i consorzi svolgono la loro funzione con buoni risultati Qui invece hanno pesato soprattutt­o le troppe rivalità aziendali e divisioni personali

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Oltrepò In provincia di Pavia sono 10.900 gli ettari coltivati a vite (Milani)

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