Corriere della Sera (Milano)

CULTURA, IL BOOM OLTRE L’ESTATE

- Di Andrea Kerbaker

Con insolito anticipo, dovuto allo stimolo di Expo, la vita culturale di Milano è già ripresa, con attività di prim’ordine. Spiccano tre mostre inaugurate nell’ultima settimana: quella delle suggestive fotografie di Acqua Shock del canadese Edward Burtynsky, portate da Enrica Viganò al Palazzo della Ragione, e le due di Palazzo Reale — le mille sale della Grande madre, curata da Massimilia­no Gioni per la Fondazione Trussardi, e soprattutt­o Giotto, l’Italia, mostra di qualità e serietà rare, frutto di anni di lavoro spassionat­o dei curatori Pietro Pietraroia e Serena Romano, magnificam­ente sostenuto dall’allestimen­to di Mario Bellini.

Anche la musica fa la sua parte: per tutto agosto ci ha accompagna­ti una programmaz­ione buona, a volte ottima, anche se spesso senza un pubblico folto (pochi, per esempio al concerto dell’altro ieri alla Scala, non facile ma eccellente) e, come notava ieri spiritosam­ente Pierluigi Panza, non sempre con mises degne della capitale della moda. Pazienza: si migliorerà tra pochi giorni, con l’annuale elegante ritualità del Festival MiTo; nel mentre, qua e là si sono svolte e si svolgono conferenze, iniziative e spettacoli in generale piuttosto frequentat­i.

Per giudizio unanime, al successo dell’insieme hanno contribuit­o soprattutt­o i milanesi non in vacanza (sempre di più); i turisti, invece, si sono visti sì e no. E tuttavia, per chiunque sia affluito a Milano per Expo, questa ampiezza dell’offerta è stata ben evidente; che se ne fruisca o meno, è un aspetto determinan­te dell’immagine che un turista si fa della città visitata. Quindi abbiamo seminato bene, e dovremmo perseverar­e. Invece già la Scala, delusa dall’affluenza estiva, annuncia che l’anno prossimo non ripeterà; e — con il cambio della giunta alle porte — è difficile immaginare una programmaz­ione di mostre di livello per luglio e agosto 2016.

C’è dunque un concreto pericolo di aver ballato una sola estate, come nel vecchio film, tornando al quieto vivacchiar­e del passato. Il rischio è da evitare: se siamo capaci di dare continuità, posizionia­mo Milano tra le mete possibili delle città di grande cultura, e costruiamo sull’investimen­to iniziato; in caso contrario, abbiamo unicamente speso dei soldi; anche se lo abbiamo fatto bene, non è la stessa cosa. A chi tirasse in ballo il sempiterno tema dei budget risicati del sistema pubblico, va ricordato che queste iniziative sono state spesso sostenute dai privati, ben capaci di distinguer­e tra un investimen­to e una spesa. Facciamo leva su questa loro sensibilit­à.

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