Hu da primato: 15 aziende, tutti parenti
È il cognome più diffuso tra i nuovi imprenditori. Storia di una dinastia di cinesi
Hu è il cognome più diffuso nell’imprenditoria milanese. Segno dell’avanzata cinese tra le attività economiche. Ma ci sono storie che raccontano il fenomeno meglio di altre. Come quella della famiglia Hu (appunto), che conta, tra i parenti, ben 15 imprenditori (nella foto). Uno ha un negozio di alimentari, un altro un laboratorio sartoriale, il terzo vende casalinghi. Poi un parrucchiere, diversi bar, uno studio di contabili, due ristoranti.
Quindici Hu, parenti — lo zio, il cugino, il nonno — e imprenditori, tutti a Milano e dintorni. Uno ha un negozio di alimentari, un altro un laboratorio sartoriale, il terzo vende casalinghi. Poi un parrucchiere, diversi bar, uno studio di contabili, due ristoranti. E Stephan, 32 anni, che dopo il liceo scientifico ha preso in gestione il supermarket in zona Paolo Sarpi fondato dal padre, con utili di tutto rispetto. «A noi cinesi l’attività commerciale viene naturale», si schermisce. Il diversificato impero di famiglia affonda radici negli anni ’30 quando il bisnonno, Yundi, arriva giovanissimo in Italia. Duri, gli inizi: «Faceva il venditore ambulante di cravatte colorate e quando entrava nei locali per cercare di smerciare i suoi prodotti, lo cacciavano a pedate», sorride Stephan. Poi ha fondato un negozio di borse, prima piccolo, poi sempre più grande, e si è sistemato: «Molti Hu sono venuti in Italia grazie a lui, era rispettato da tutta la comunità». Tanto che i parenti si sono ritrovati insieme, per celebrare i cento anni dalla sua nascita. «Ma di solito tra noi non ci sentiamo spesso, né ci vediamo. Non abbiamo tempo. Lavoriamo anche nei weekend e di sera, ci sacrifichiamo per l’attività». Si impegnano, vogliono fare fortuna, ognuno nella sua strada. E non per tornare in Cina: si sentono come ovvio, dopo tanti anni, milanesissimi. E qui, a Milano, vogliono crescere figli e nipoti. Loro che sono originari della zona a sud di Shanghai, come spiega Stephan con la ritrosia tipica di molti orientali. Emigrati alla spicciolata dapprima a Lille, in Francia («Visto che in patria non avevamo nulla»). Poi un breve passaggio a Torino e infine stabili, tutti, in Lombardia. Lui con moglie e figli si è insediato in zona Maciachini. «Un quartiere dove si vive benissimo», dice.
Il suo cognome, Hu, è il più diffuso tra i titolari di imprese lombarde nate nel 2015 («Colombo», in dodicesima posizione, a Milano tra i venti più ricorrenti è anzi l’unico italiano). Orgoglioso? «Un po’ — ammette — ma in Cina abbiamo meno varietà … Siamo il popolo più numeroso del pianeta, un miliardo e 350 milioni di abitanti, eppure abbiamo il minor numero di cognomi a disposizione». Solo 22 mila e i più diffusi, un centinaio (Hu al decimo posto), «coprono il 90% della popolazione».
Tra gli Hu della sua famiglia, alcuni sono proprietari di bar. Non quello del Cerutti Gino però, «almeno non credo». Amato da Giorgio Gaber, in via Giambellino 50, il locale l’anno scorso è stato rilevato da due fratelli Hu, Giuseppe e Sergio, 24 anni e 23. «Se avessi tempo, andrei a conoscerli». Gli Hu si mescolano ai milanesi, le coppie miste a Milano sono sempre di più. E loro fanno colpo. Jacqueline, da sempre nella moda, è sposata con Roberto Borsetti, italiano di origini ebraiche. «Al matrimonio, per rispettare la tradizione di rispondere ai brindisi facendo “gan bei” che vuol dire bicchiere vuoto, mio marito è finito ubriaco fradicio — racconta —.Tanto da scambiare mio fratello per me e baciarlo chiamandolo amore...». Uno scherzo? «Ma no, le dico che aveva bevuto troppo. I cinesi usano trucchi per non ubriacarsi alle cerimonie, tipo bere dell’olio prima di iniziare...». Gli Hu sono dinastia da pochissimi vizi, tiene a precisare Stephan. «Non beviamo, dobbiamo lavorare — dice serissimo — Metti il pragmatismo milanese insieme a quello cinese, e ottieni un imprenditore per forza».