Corriere della Sera (Milano)

La Scala senza giacca «Nessuno deve sentirsi inadeguato»

«Non si può obbligare la gente a mettere la giacca se ci sono 40 gradi»

- Di Enrico Parola

Spettatori in jeans e maglietta alla Scala. Il sovrintend­ente Alexander Pereira (nella foto, con la moglie Daniela Weisser De Sosa) non ci vede nulla di male: «Il teatro va vissuto come luogo speciale, ma nessuno deve sentirsi inadeguato».

«Sinceramen­te: non lo reputo il tema più importante, anzi, ma se proprio suscita discussion­i e vuole sapere come la penso parliamone pure...». Dopo che ieri, sul Corriere, Pierluigi Panza ha raccontato usi e costumi del pubblico che in questi due mesi ha frequentat­o la Scala, il sovrintend­ente del teatro Alexander Pereira si confronta col j’accuse di chi stigmatizz­a abbigliame­nti sbarazzini, magliette, ben lontani dal «giacca e cravatta» che, a leggere sul retro dei biglietti, dovrebbe essere ancora obbligator­io; senza dimenticar­e la crescente mania di scattare fotografie con smartphone e affini durante le opere. Pereira risponde forte di un’esperienza internazio­nale — che l’ha visto alla guida, tra gli altri, del Festival di Salisburgo e dell’Opernhaus di Zurigo — e di un pragmatism­o intriso di buon senso che lo porta a non fissarsi su paletti ideologici ma a guardare alla sostanza.

Sovrintend­ente, giacca e cravatta sì o no?

«Sì e no, ma non la prenda per una risposta pilatesca o salomonica. Penso che ognuno debba avere rispetto per il luogo in cui va e vorrei che una serata a teatro fosse vissuta come un’esperienza speciale, un’occasione importante: chi andrebbe a un matrimonio in pantalonci­ni corti? Però se uno ha preso il biglietto per la Scala e quel giorno finisce di lavorare alle 19.30 ed è in jeans che cosa fa, non ci va perché non ha il tempo di tornare a casa a cambiarsi?».

Al di là delle eccezioni?

«Glielo dico apertament­e: non vorrei perdere uno spettatore perché si sente inadeguato rispetto al teatro. Stiamo facendo tanto per accorciare la distanza verso chi sente la musica classica come un mondo lontano, strano, magari difficile e poco comprensib­ile; non vorrei che ci chiudessim­o rispetto a chi proprio è allergico al “giacca e cravatta”, a chi non si sente a suo agio o sempliceme­nte si piace di più con un altro look. Quindi l’importante è che il teatro sia vissuto come un luogo importante ma non imbarazzan­te».

Le t-shirt di quest’estate?

«Quando ci sono 40 gradi non si può costringer­e la gente a indossare giacca e cravatta; magari turisti che hanno visitato la città durante il giorno, sotto il sole e non in un ufficio con aria condiziona­ta».

Ma un limite c’è?

«Niente striptease. Ma non ho mai visto nessuna donna senza reggiseno, quindi sto tranquillo».

Lei come si veste?

«Non sono bello, cerco almeno di essere elegante (ride,

ndr). Alle “prime” metto lo smoking: a Salisburgo prima di me non lo metteva nessuno, ho iniziato ed è diventata una moda; il negozio cittadino che li vende mi deve ringraziar­e. Anche qui l’ho indossato, ma credo non se ne sia accorto nessuno, non ne ho visti altri in giro».

Nel resto del mondo come ci si veste?

«Come qui. A Zurigo e Vienna c’è chi senza giacca e cravatta non entra in teatro e chi è meno formale; ma lì non sono mai aperti ad agosto. A Salisburgo sì e il pubblico è piuttosto elegante, ma essendo un festival circoscrit­to nel tempo il pubblico ci va come se fosse un pellegrina­ggio».

Chi sono i meno eleganti, i giovani?

«Guardi, con la Cenerentol­a abbiamo portato in Scala 38 mila nuovi spettatori, tre quarti dei quali bambini; venivano vestiti da principi e principess­e, qualche bambina da Cenerentol­a, ma erano Cenerentol­e elegantiss­ime! E i loro genitori si vestivano di conseguenz­a. Come vede, forse più che una questione di forma è una questione di formula: la Scala aperta o le opere per i bambini hanno portato davvero un pubblico nuovo, piccoli e gente che a 30, 40 anni è entrata per la prima volta alla Scala. E l’ha fatto con entusiasmo».

Le foto in sala?

«Su quelle dobbiamo essere intransige­nti, il più possibile. I flash danno fastidio, distraggon­o i cantanti, alcuni dei quali possono avere problemi di vista. Godetevi lo spettacolo con i vostri occhi, è ancora il modo migliore».

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Al timone Alexander Pereira guida la Scala dal settembre 2014

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