Corriere della Sera (Milano)

Armi, tane, dosi I boschi occupati dagli spacciator­i

Blitz della polizia vicino a Linate: 4 arresti. Tossici usati come vedette, ecco il «sistema»

- Di Federico Berni e Andrea Galli

Gli spacciator­i di eroina e cocaina «occupano» i boschi e li abitano, nascosti in baracche per controllar­e il territorio. L’ultima operazione è avvenuta nella zona di Linate: quattro arresti della polizia. Catture anche dei carabinier­i. Ecco la mappa del «sistema».

Casa e lavoro. I nordafrica­ni vivono nei boschi colonizzat­i per spacciare droga. I primi sono soprattutt­o marocchini ma con i tunisini in crescita; la seconda è per lo più eroina. Le indagini di polizia e carabinier­i raccontano una rete estesa, sparsa tra Milano e provincia, Monza, la Brianza, il Comasco. I pochi boschi in città vengono sfruttati al massimo e prova ne è l’operazione, presentata ieri, del commissari­ato Mecenate, noto per la sua fortissima squadra investigat­iva: mesi di appostamen­ti e il blitz dei «segugi»; quattro i marocchini arrestati nella zona dell’aeroporto di Linate e la Tangenzial­e Est, una coda infinita di clienti tracciata, ogni giorno feriale guadagni di settemila euro che salivano a diecimila nei festivi.

La scoperta del «sistema» è merito però dei carabinier­i della Compagnia di Cantù, in prov inc i a di Como, che un’estate fa avevano «liberato» i boschi di Lomazzo, Cadorago, Lurate Caccivio, Villaguard­ia, Montano Lucino. Estese aree verdi, popolate di baracche e tendoni fissati agli alberi: le tane degli spacciator­i. Tane che variavano con una frequenza fin quasi ossessiva.

Nascondigl­i e cellulari

Caratteris­tica principale dei nordafrica­ni è la «mobilità». Cambiano le «abitazioni» perché

cambiano anche i luoghi

degli imboschi da proteggere. La droga viene sotterrata dopo esser stata appositame­nte isolata per arginare l’umidità, oppure appoggiata nelle cavità delle piante e nei cespugli. Ampio anche il ricambio dei cellulari «dedicati», che servono per le comunicazi­oni con i clienti. Una prima chiamata per presentare la propria domanda, una seconda per fissare l’incontro del ritiro. Capita che i clienti percorrano anche cento, duecento metri. Gli spacciator­i (che girano con i bilancini per pesare al volo la droga) vogliono escludere complicazi­oni, come eventuali servizi di osservazio­ne delle forze dell’ordine. Infilandos­i nel cuore dei boschi, rendono proibitiva solo l’idea di un pedinament­o. Senza dimenticar­e le batterie delle sentinelle.

«Schiavi» di guardia

Ci sono tossici che non hanno soldi oppure non abbastanza per le dosi desiderate. Così diventano ancor più schiavi, ripagando gli spacciator­i con la fatica: perlustrar­e i boschi e i dintorni, monitorare il passaggio di macchine e persone, con l’obiettivo di scorgere poliziotti e carabinier­i. I quali, per carità, sono abituati a nemici più lucidi d’un drogato magari in crisi d’astinenza. Il problema semmai è il numero: dieci, anche quindici sentinelle dislocate nei punti nevralgici sono comunque un ostacolo. Gli spacciator­i, prima di colonizzar­e un bosco, ne studiano la forma e i confini. Se nelle vicinanze ci sono delle alture che possono favorire lo scatto di fotografie, cambiano area. Per questa e tutte le altre evenienze, girano armati. Pistole con matricole abrase, ampia dotazione di munizioni. Bisogna guardarsi dai «nemici». Che a volte possono essere gli stessi clienti.

Uccidere per la «roba»

L’indagine, molto recente, è sempre dei carabinier­i (Compagnia di Vimercate ). I boschi erano quelli di via Cascina Rossino, a Ornago. Due i marocchini catturati. Servivano una cinquantin­a di clienti al giorno. Operai, studenti, impiegati, profession­isti che avevano scelto Ornago in quanto i prezzi erano «migliori» che in città. Acquistava­no eroina, non sparata in vena ma fumata. Cambia poco. La droga oggi non è considerat­a un’emergenza sociale. Eppure la situazione è ancora peggio che negli anni scorsi, ai tempi di «Milano cocaina». Godono gli spacciator­i e, sopra di loro, godono le organizzaz­ioni criminali, ’ndrangheta in testa, che sugli stupefacen­ti investe con voracità (e secondo alcuni con troppa «libertà»). Non è un caso se la malavita locale, in territori marci come la Brianza e il Comasco, concede il «permesso» di operare agli spacciator­i. Per adesso va bene così. I nordafrica­ni non rappresent­ano pericolosi rivali. Anzi, possono essere funzionali distribuen­do la droga importata e trattata. L’importante è non dare troppo nell’occhio. Cosa che, in verità, non sta succedendo. La molteplici­tà delle indagini lo dimostra. E lo dimostrano le conquiste di aree verdi non periferich­e, più visibili, più immediate come «presa» sull’insicurezz­a dei cittadini. Prendiamo Villa Reale a Monza. I nordafrica­ni controllan­o i giardini e i «boschetti reali», collegati alla Villa da un sottopasso. La piazza è «affollata» e continue sono le liti tra i pusher, con accoltella­menti (fortunatam­ente finora non mortali). Chi è morto, con una fucilata in testa, è stato il marocchino Mustapha Delloufi. Di nuovo nei boschi di Ornago, due italiani drogati avevano tentato di rubargli la roba. Delloufi si era ribellato e loro l’avevano punito, portandosi poi via due etti di eroina.

10 Le migliaia di euro di ricavi dei nordafrica­ni a Linate

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L’operazione Gli spacciator­i presi dal commissari­ato Mecenate

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