Armi, tane, dosi I boschi occupati dagli spacciatori
Blitz della polizia vicino a Linate: 4 arresti. Tossici usati come vedette, ecco il «sistema»
Gli spacciatori di eroina e cocaina «occupano» i boschi e li abitano, nascosti in baracche per controllare il territorio. L’ultima operazione è avvenuta nella zona di Linate: quattro arresti della polizia. Catture anche dei carabinieri. Ecco la mappa del «sistema».
Casa e lavoro. I nordafricani vivono nei boschi colonizzati per spacciare droga. I primi sono soprattutto marocchini ma con i tunisini in crescita; la seconda è per lo più eroina. Le indagini di polizia e carabinieri raccontano una rete estesa, sparsa tra Milano e provincia, Monza, la Brianza, il Comasco. I pochi boschi in città vengono sfruttati al massimo e prova ne è l’operazione, presentata ieri, del commissariato Mecenate, noto per la sua fortissima squadra investigativa: mesi di appostamenti e il blitz dei «segugi»; quattro i marocchini arrestati nella zona dell’aeroporto di Linate e la Tangenziale Est, una coda infinita di clienti tracciata, ogni giorno feriale guadagni di settemila euro che salivano a diecimila nei festivi.
La scoperta del «sistema» è merito però dei carabinieri della Compagnia di Cantù, in prov inc i a di Como, che un’estate fa avevano «liberato» i boschi di Lomazzo, Cadorago, Lurate Caccivio, Villaguardia, Montano Lucino. Estese aree verdi, popolate di baracche e tendoni fissati agli alberi: le tane degli spacciatori. Tane che variavano con una frequenza fin quasi ossessiva.
Nascondigli e cellulari
Caratteristica principale dei nordafricani è la «mobilità». Cambiano le «abitazioni» perché
cambiano anche i luoghi
degli imboschi da proteggere. La droga viene sotterrata dopo esser stata appositamente isolata per arginare l’umidità, oppure appoggiata nelle cavità delle piante e nei cespugli. Ampio anche il ricambio dei cellulari «dedicati», che servono per le comunicazioni con i clienti. Una prima chiamata per presentare la propria domanda, una seconda per fissare l’incontro del ritiro. Capita che i clienti percorrano anche cento, duecento metri. Gli spacciatori (che girano con i bilancini per pesare al volo la droga) vogliono escludere complicazioni, come eventuali servizi di osservazione delle forze dell’ordine. Infilandosi nel cuore dei boschi, rendono proibitiva solo l’idea di un pedinamento. Senza dimenticare le batterie delle sentinelle.
«Schiavi» di guardia
Ci sono tossici che non hanno soldi oppure non abbastanza per le dosi desiderate. Così diventano ancor più schiavi, ripagando gli spacciatori con la fatica: perlustrare i boschi e i dintorni, monitorare il passaggio di macchine e persone, con l’obiettivo di scorgere poliziotti e carabinieri. I quali, per carità, sono abituati a nemici più lucidi d’un drogato magari in crisi d’astinenza. Il problema semmai è il numero: dieci, anche quindici sentinelle dislocate nei punti nevralgici sono comunque un ostacolo. Gli spacciatori, prima di colonizzare un bosco, ne studiano la forma e i confini. Se nelle vicinanze ci sono delle alture che possono favorire lo scatto di fotografie, cambiano area. Per questa e tutte le altre evenienze, girano armati. Pistole con matricole abrase, ampia dotazione di munizioni. Bisogna guardarsi dai «nemici». Che a volte possono essere gli stessi clienti.
Uccidere per la «roba»
L’indagine, molto recente, è sempre dei carabinieri (Compagnia di Vimercate ). I boschi erano quelli di via Cascina Rossino, a Ornago. Due i marocchini catturati. Servivano una cinquantina di clienti al giorno. Operai, studenti, impiegati, professionisti che avevano scelto Ornago in quanto i prezzi erano «migliori» che in città. Acquistavano eroina, non sparata in vena ma fumata. Cambia poco. La droga oggi non è considerata un’emergenza sociale. Eppure la situazione è ancora peggio che negli anni scorsi, ai tempi di «Milano cocaina». Godono gli spacciatori e, sopra di loro, godono le organizzazioni criminali, ’ndrangheta in testa, che sugli stupefacenti investe con voracità (e secondo alcuni con troppa «libertà»). Non è un caso se la malavita locale, in territori marci come la Brianza e il Comasco, concede il «permesso» di operare agli spacciatori. Per adesso va bene così. I nordafricani non rappresentano pericolosi rivali. Anzi, possono essere funzionali distribuendo la droga importata e trattata. L’importante è non dare troppo nell’occhio. Cosa che, in verità, non sta succedendo. La molteplicità delle indagini lo dimostra. E lo dimostrano le conquiste di aree verdi non periferiche, più visibili, più immediate come «presa» sull’insicurezza dei cittadini. Prendiamo Villa Reale a Monza. I nordafricani controllano i giardini e i «boschetti reali», collegati alla Villa da un sottopasso. La piazza è «affollata» e continue sono le liti tra i pusher, con accoltellamenti (fortunatamente finora non mortali). Chi è morto, con una fucilata in testa, è stato il marocchino Mustapha Delloufi. Di nuovo nei boschi di Ornago, due italiani drogati avevano tentato di rubargli la roba. Delloufi si era ribellato e loro l’avevano punito, portandosi poi via due etti di eroina.
10 Le migliaia di euro di ricavi dei nordafricani a Linate