La «moschea» in cantina per 300 fedeli
Ancora un esposto regionale al prefetto. Attesa per l’Asl
Due diffide del Comune, interpellanze, denunce alla Procura, un esposto al prefetto della Regione. Ma il magazzino sotterraneo di via Cavalcanti 8, a Greco, dopo due anni è ancora utilizzato come moschea abusiva.
Interpellanze, due diffide del Comune, denunce alla Procura da parte dei residenti e Comitato per la sicurezza di Zona 2, ora un esposto al prefetto firmato dall’assessore alla Sicurezza regionale Simona Bordonali. Ma il magazzino due piani sotto terra del condominio di via Cavalcanti 8, a Greco, dopo due anni è ancora un luogo di preghiera, un’indisturbata moschea abusiva.
Ospita ogni giorno un centinaio di persone che il venerdì arrivano a superare quota 300. Solo la Asl, per quanto sollecitata, non si è mai recata a fare un sopralluogo. E di questo si è stupita l’assessore Bordonali. Eppure nello scantinato dove si custodivano i manifesti cinematografici, sono stati realizzati servizi igienici e modifiche strutturali.
Situato poco distante dalla Stazione Centrale, affacciato sui rilevati ferroviari, è diventato un approdo sicuro per chi arriva da lontano. A fine febbraio la Bangladesh Cultural & Welfare Association, piccola e poco radicata sul territorio ma parte del Coordinamento delle associazioni islamiche (Caim), ha acquistato gli ampi locali — 500 metri quadrati —. Paradossalmente, poco prima di essere rimessa in pista dal Tar come titolare dell’area di via Esterle per costruire una moschea. L’associazione aveva vinto il bando del Comune ma era stata poi esclusa, proprio a causa del contenzioso aperto con il condominio e il Comune.
È indubbio che la questione crei non pochi imbarazzi a Palazzo Marino, dove sono stati compiuti molti passi nel tentativo di risolvere il problema sollevato dal condominio di via Cavalcanti 8. La Direzione centrale sviluppo del territorio ha ripetutamente contestato l’esecuzione di opere edilizie senza permesso di costruire (titolo edilizio) e ha imposto il ripristino dei locali come erano stati trovati nel maggio 2015. Niente è cambiato. Ogni atto è stato impugnato.
«Oltre al fatto che lo scantinato non ha avuto la variazione a destinazione di luogo di culto, ma è un magazzino senza possibilità di permanenza di persone — spiega l’avvocato Maria Cristina Cananzi, presidente del Comitato per la Sicurezza e la Legalità —, quando anche si trattasse di una associazione culturale e non di una moschea, questo fatto è smentito dalle interviste rilasciate dall’imam. Ogni venerdì il via vai di persone aumenta negli orari destinati alla preghiera, in occasione delle festività del loro calendario ci sono dei picchi. Non è solo il tappeto che fa una moschea».
L’associazione è approdata in via Cavalcanti 8 nella primavera di due anni fa. Durante l’estate sono stati fatti i lavori. «Senza permessi, naturalmente — continua Cananzi —. A settembre, al rientro dalle ferie, gli inquilini hanno sollevato il problema. Da allora attendono una risposta. Non accade nulla, per motivazioni politiche? Sociali?».
Ci si domanda cosa sarebbe cambiato se il bando delle moschee non fosse stato congelato. L’assegnazione degli ex bagni di via Esterle sarebbe bastata a smobilitare la moschea nello scantinato? O sarebbe diventata, invece, un raddoppio?
Emblematica è la relazione della Polizia locale di Zona ai vigili del fuoco. Ricostruisce il fitto scambio di corrispondenza, a dir poco surreale, tra l’istituzione e i responsabili del Caim che supportano la piccola associazione. L’agente chiede notizia del titolo edilizio, il portavoce del Caim risponde di aver presentato l’incartamento in Comune. I giorni trascorrono e l’agente a distanza di tempo annota: «A tutt’oggi non è pervenuto nulla».
L’avvocato Ogni venerdì il via vai di persone aumenta negli orari destinati alla preghiera La decisione del Tar L’associazione del Bangladesh avrebbe diritto a realizzare il suo centro in via Esterle