Corriere della Sera (Milano)

Un Sarcina meno rock e più sentimenta­le

«Non vedo molta gente col dono della musica»

- di Raffaella Oliva

C’erano una volta Le Vibrazioni. Oggi c’è Francesco Sarcina con i suoi lavori solisti, «Io», del 2014, e «Femmina», uscito un anno fa e al centro del concerto che il songwriter e chitarrist­a milanese, classe 1976, terrà stasera all’Alcatraz. Un album in cui l’anima rock lascia più spazio al sentimenta­lismo e agli arrangiame­nti orchestral­i. Un disco che affianca pezzi dello stesso Sarcina ad altri non suoi, tra cui «Ossigeno», il nuovo singolo che porta la firma di Ermal Meta e degli americani Kevin Kadish, Audra Mae e Nick Monson. Ma lei non si scriveva le canzoni da sé?

«È vero, quella è sempre stata la mia missione, ma in questi anni mi sono sposato, sono diventato papà e queste esperienze mi hanno ammorbidit­o rispetto a tante cose. Senza

contare che a me “Ossigeno” piace!». Ultimament­e gli autori sono richiestis­simi.

«Il problema è che dai talent e non solo escono di continuo cantanti che non scrivono e allora servono autori, ma da una parte e dall’altra non vedo molta gente vera che fa musica perché madre natura o Dio o Allah o chi altri le ha dato un dono. Dov’è l’arte, dov’è la magia? Io nel 2015 ho fatto il coach ad “Amici”, non critico i talent, ma dico che hanno una grossa responsabi­lità, perché la troppa offerta porta all’omologazio­ne, accendi la radio e senti tutti quei brani uguali. Gli Alabama Shakes, loro sì che sono micidiali!».

Da ragazzino si sarebbe mai immaginato di diventare il Sarcina che è oggi? «Dipende. A 8 anni, sul mio diario, scrivevo che sarei diventato un cantante famoso. Poi, però, durante l’adolescenz­a ho vissuto dei momenti neri. Per fortuna la musica mi ha proiettato altrove. Quel che non mi sarei mai immaginato, forse, era di diventare padre, ma in fondo ho sempre amato la famiglia e i bambini». Crede ci sarà un nuovo futuro con Le Vibrazioni?

«Vorrei, sto solo aspettando il momento giusto».

E il suo locale sul Naviglio Grande, lo Zog?

«L’ho dato in gestione ad altri, ma è ancora mio e benché esca meno di un tempo, quando esco sono là. Adoro avere il bar che mi aspetta vicino a casa, non devo nemmeno avvisare che vado, qualcuno che conosco lo trovo sempre. È una cosa che mia moglie odia, ma sono fatto così».

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