De Albertis, l’ultimo saluto
Camera ardente aperta oggi dalle 10.30 alle 20.30 al Palazzo dell’Arte, nella «sua» Triennale per Claudio De Albertis, costruttore e da cinque anni presidente dell’istituzione, scomparso venerdì dopo una lunga malattia.
Claudio De Albertis è morto venerdì, dopo quattro anni di dura lotta contro il suo male. Ma non è stato sconfitto. Giovedì sera, quando l’ho visto per l’ultima volta accanto a Sonia e Regina, sorrideva nel sonno e con le mani disegnava nell’aria. Immagino che stesse progettando il futuro: della Triennale che voleva più grande e più internazionale; dell’Ance che voleva moderna e all’altezza del compito di uno dei più grandi settori industriali del nostro Paese; di Milano dove ha sempre lavorato con qualità e correttezza; dell’Italia perché credeva che nonostante tutto potesse farcela; della sua grande famiglia che amava sopra ogni altra cosa.
Parlare con lui era bello perché era facile. Perché si passava dai conti da tenere sotto controllo al destino del mondo preda della crisi della globalizzazione e della finanza internazionale; dall’ultima mostra o dall’ultimo film al destino delle squadre del calcio milanese, ormai cinesi; dai grandi progetti futuri alle pulizie dei bagni; fino alle scommesse sull’esito delle elezioni per il Sindaco e per il referendum.
Un esponente della società civile, un civil servant nel vero senso della parola, sempre disponibile ad affrontare problemi perché in dovere di restituire alla società quel «di più» che aveva ottenuto con il suo lavoro e il suo ingegno.
Aveva assunto l’incarico di Presidente della Triennale con un entusiasmo contagioso e con la consapevolezza che la cultura fosse fondamentale per l’Italia e gli italiani. Anche da Presidente dell’Ance non si stancava di incitare i «suoi costruttori» a lavorare per coniugare la qualità del progetto con la bellezza delle opere. Nella Triennale trovava la sintesi delle sue passioni: l’architettura, il design, l’arte e il fare.
È stato instancabile fino all’ultimo giorno. Aveva fretta e mi incitava a concludere un documento che voleva presentare ai Soci della Triennale per il suo futuro. Aveva ragione lui ancora una volta.
C’è un motivo quando tutti ti vogliono bene, quando sei stimato da tutti, quando tutti sanno che possono trovare in te una sponda, una parola, un aiuto. Claudio conosceva questo segreto e per questo poteva fare anche le battaglie più difficili e dure senza mai perdere il sorriso e l’ottimismo.
«Andiamo avanti!», era il suo motto. Caro Presidente, continueremo a costruire mondi come tu ci hai insegnato.