Corriere della Sera (Milano)

TEMPI, MODI E STRADE DA SEGUIRE

- Di Piergiorgi­o Lucioni

Sembra che tutto ritorni banale dopo un appuntamen­to come quello che Milano ha vissuto sabato. L’eco dei grandi atti offerti dal Papa resiste certo per la profondità e l’ampiezza dell’insegnamen­to, integrando­si però via via inevitabil­mente nella quotidiani­tà. Quella nostra quotidiani­tà che Francesco ieri ha scosso — di nuovo— rimarcando l’empatia creatasi con la comunità ambrosiana e che al tempo stesso ha assunto e condiviso nella sua visita in puro stile meneghino. Dinamico, veloce, infaticabi­le. Un Papa con i ritmi della metropoli sempre protesa in avanti. E a lui Milano ha mostrato il suo lato migliore: ordinata, precisa, serena. Non un pezzo fuori posto nell’immenso puzzle dell’avveniment­o, non una voce stonata, una lordura, un’intemperan­za.

Eppure c’è una contraddiz­ione nella perfetta identità tra il fare di Francesco e quello di Milano: è l’attenzione che il Pontefice ha fissato proprio su ciò che l’attiva metropoli spesso invece non scorge o dimentica. Le periferie, gli immigrati, le carceri, i giovani, le famiglie stesse. Realtà che nulla hanno a che fare con lo skyline a misura di futuro e col trendy fattosi culto. Ora, come è giusto, si allineano dichiarazi­oni, intenti, promesse e garanzie di chi è chiamato a guidare Milano e di chi può renderla migliore, più accoglient­e, vivibile, generosa. Non sono però più concesse titubanze né distinguo. Francesco ha indicato la strada, vedremo chi saprà tener fede al proprio: eccomi.

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