«Sarà difesa la vocazione universitaria L’idea di un campus misto tra atenei»
L’INTERVISTA IL FUTURO DI CITTÀ STUDI Balducci, delegato del Comune: via agli incontri con i rettori, mappa degli spazi a luglio
Il dossier «è caldo», come ha ripetuto più volte il sindaco Beppe Sala. Se ne è avuta la riprova mercoledì, quando in 300 si sono presentati alla Commissione sull’addio della Statale a Città Studi: studenti, residenti, commercianti. Tutti a chiedere la stessa cosa: Città Studi deve restare a vocazione universitaria.
Alessandro Balducci, professore del Politecnico e già assessore all’Urbanistica durante l’era Pisapia, lei è stato chiamato dal Comune con l’incarico di studiare il futuro del quartiere. A che punto siamo?
«Ho ricevuto l’incarico da una settimana. In questi giorni ho incontrato il rettore della Statale e del Politecnico, i dg delle due università. Ho parlato con il Demanio e martedì vedrò il rettore della Bicocca. Nel frattempo ho preso contatto con l’Istituto dei Tumori e il Besta. È necessario capire subito come e dove muoversi perché la preoccupazione in zona è alta».
Che tempi si è dato?
«L’obiettivo è di avere entro luglio un quadro chiaro della situazione perché a oggi le informazioni a disposizione degli stessi attori sono frammentate e parziali. Anche perché fino a ora non c’è nessun atto ufficiale sul trasferimento delle facoltà, ma solo una manifestazione d’interesse con la garanzia di finanziamenti da parte dello Stato».
Cosa intende per quadro chiaro?
«Vuol dire varie cose. Intanto capire chi se ne va, quando e dove sia per quanto riguarda l’università sia per gli ospedali. E avere un quadro chiaro del patrimonio».
Non c’è?
«Non è mai stata fatta una chiara distinzione tra le tre grandi aree. La parte storica di via Celoria-Ponzio-Colombo è del Demanio dello Stato. Quella dove si è espansa la Statale (Ponzio-Golgi) è di proprietà della Statale con una qualità architettonica altalenante. Infine ci sono degli edifici sparsi in viale Abruzzi che la Statale ha acquisito nel tempo. Sono tre casi molto diversi».
Perché?
«I singoli edifici sparsi non costituiscono un problema. Invece l’area tra Ponzio e Golgi è quella che la Statale intende valorizzare per trovare le risorse necessarie all’operazione. Sull’area storica il discorso è differente».
In che senso?
«Quegli edifici, di proprietà del Demanio, in gran parte vincolati non possono essere venduti. Quindi, l’opzione più realistica è rilocalizzare lì altre facoltà della Statale o lavorare insieme al Politecnico e alla Bicocca per la migliore utilizzazione del comparto che è la metà di tutta l’area. Quindi quel comparto manterrà la sua vocazione universitaria non solo perché lo chiedono i cittadini, ma per la funzione che ha».
Qual è la situazione di questi edifici?
«Tutti gli insediamenti della Statale, tranne qualche eccezione, cadono a pezzi e sono in gran parte degradati. Una situazione inadeguata per un’università che vuole competere nel mondo delle facoltà scientifiche. Sono edifici vecchi, vincolati, che negli anni hanno goduto di scarsissima manutenzione. Per chi ha bisogna di laboratori moderni sono del tutto inadeguati. Mentre, soprattutto le strutture del Demanio, hanno una qualità architettonica significativa e possono essere ristrutturate per ospitare aule di facoltà che non hanno bisogno di laboratori d’avanguardia».
Invece sull’area di proprietà della Statale?
«Potrebbe cambiare destinazione. Però mi sembra di poter dire che il Comune, dove è possibile, vuole mantenere la destinazione universitaria dell’area o dentro il perimetro del sistema universitario o nell’ambito dei servizi con biblioteche e sale studio». Non teme la speculazione? «Ho intitolato il mio studio Citta Studi 2.0. Non riguarda come vendere o valorizzare l’area, ma come sfruttare al meglio questa opportunità e come utilizzare questa occasione per fare un salto di qualità rispetto alla presenza di Città Studi a Milano. Ora abbiamo due grandi recinti impenetrabili. Siamo riusciti a togliere una barriera con la riqualificazione del parcheggio di Leonardo da Vinci. È un inizio. Nel futuro si può pensare una moderna università urbana che interagisce con la città. Biblioteche aperte a cittadini e studenti, sale studi, strutture sportive comuni. Un campus con più università dentro. È l’occasione per garantire una relazione ancor più forte tra università e città».
I tempi Bisogna capire subito come e dove muoversi: la preoccupazione in zona è alta. E dobbiamo avere un quadro chiaro del patrimonio