Debiti di gioco per le slot del casinò Sangue nella casbah
Lite tra cinesi in via Imbonati, uno è gravissimo Arresto dei carabinieri. Decisivi due testimoni
Debiti di gioco per le slot machine nei casinò della Svizzera, una serata alcolica nell’albergo clandestino — stanzette in condivisione, dieci euro a persona —, la lite. Una bottiglia di vetro infranta, un coccio usato per sgozzare e punire il connazionale il quale giustamente voleva indietro i cinquecento euro prestati e che a sua volta probabilmente aveva preso a credito, essendo disoccupato. La fuga e dal cellulare, l’unica traccia in mano ai carabinieri, una telefonata soltanto. Ma fatale. Da una casbah all’altra, a tre chilometri di distanza, per una storia tutta cinese.
Ubriachi in compagnia
È cinese Wu Lei, quarant’anni, catturato dalla Compagnia Duomo guidata dal maggiore Carmine Mungiello. Le quattro della notte tra il 3 e il 4 marzo scorsi, un venerdì e un sabato. Il primo piano del civico 23 di via Imbonati, un palazzo formato da cortili e alloggi così spesso frazionati da sfuggire agli accertamenti catastali. Siamo in uno degli angoli più multietnici di Milano dove in verità la stragrande maggioranza degli inquilini va a dormire presto, sfinita da umilissimi lavori, a cominciare dalla vendita di rose, accendini e gadget fuori dai locali, per proseguire con i fattorini e gli addetti alle pulizie nei condomìni. Il piccolo appartamento di via Imbonati è di proprietà di una cinese, che affitta lo spazio a connazionali in cambio di denaro. Quella notte Wu Lei e un coinquilino di cinque anni maggiore stan- no bevendo birra e vino di ritorno dal casinò (non è dato sapere quale). Forse hanno deciso di festeggiare qualche guadagno, forse vogliono annegare la disperazione da perdenti. Con loro due donne, sempre cinesi, «agganciate» nelle sale gioco e facilmente convinte a seguirli a Milano.
Colpi alla giugulare
Prima si scherza poi d’improvviso, hanno raccontato le testimoni ai carabinieri, uno degli uomini diventa nervoso e incalzante; chiede i soldi a Wu Lei che ci ride sopra e fa finta di niente. Quello insiste, i debiti non possono essere eterni, rivuole i soldi. Wu Lei abbozza fin quando perde la pazienza e attacca il creditore. Con il coccio compie due movimenti, uno a scendere all’altezza della giugulare e l’altro nel verso opposto, nel medesimo punto. Se la vittima non è morta, è per puro miracolo o meglio per il tempestivo arrivo dell’ambulanza. Wu Lei corre via, scende le scale, apre il portone, si butta in strada e s’allontana. Le donne, così come la padrona dell’albergo clandestino, non vogliono guai, proclamano la propria innocenza e a conferma forniscono ai carabinieri i dati, pochi ma decisivi, in loro possesso:
L’indagine Catturato un 40enne che si era rifugiato in un covo di via Messina «Tradito» dal cellulare
l’identità dell’aggressore e il suo cellulare. Wu Lei non è un criminale; è sì un irregolare ma senza precedenti, campa di fortuna. Però sa che il telefonino lascia tracce pesantissime e allora dopo la prima chiamata butta l’apparecchio.
Il demone
La conversazione è quasi istantanea, una manciata di parole in cinese e stop. La Compagnia Duomo «cristallizza» quella conversazione, la esamina, scopre che l’interlocutore è riconducibile a un alloggio in via Messina, dove alla stregua di via Imbonati si piazzano posti letto per singoli e coppie, per un giorno e una settimana. Individuano l’«hotel», predispongono il blitz, vanno e portano a casa il bottino, cioè Wu Lei ammanettato e, dopo la convalida, spedito in galera. Fra le sue ammissioni c’è quella d’avere il demone del gioco e di aver bisogno continuamente di soldi per provare, invano, a placarlo.