La Civica Jazz Band per Benny Goodman alle origini dello Swing
Il mitico live alla Carnegie Hall rivive con Tomelleri
Sono ancora in molti a identificare il jazz con il clarinettista Benny Goodman, che negli anni Trenta guidò la big band grazie alla quale è nata l’Età dello Swing. Al suo concerto più leggendario è dedicata la serata oggi al Piccolo Teatro Strehler per la stagione «Jazz al Piccolo Orchestra senza confini» (largo Greppi, ore 21, biglietti 16 euro); s’intitola infatti «Benny Goodman alla Carnegie Hall» e sposa la carica della Civica Jazz Band, diretta come di consueto da Enrico Intra, con la sapienza storica di uno dei più popolari clarinettisti di casa nostra, Paolo Tomelleri. Vicentino d’origine e milanese d’adozione, Tomelleri ha appena compiuto 79 anni ma ha l’entusiasmo di un ragazzino, soprattutto quando si tratta di rievocare le stagioni del jazz «classico». Il 16 gennaio 1938 questa musica, ancora considerata dai più come il mero prodotto dell’industria del divertimento, ebbe l’onore di entrare nel tempio della musica classica newyorchese, la Carnegie Hall. Era il segno che i tempi stavano (lentamente) cambiando, ma anche che la crisi economica richiedeva perfino alle maggiori istituzioni di non andare tanto per il sottile. Benny Goodman era la figura più adatta per compiere questa piccola rivoluzione: guidava la formazione più applaudita della nazione, suonava uno strumento rispettabile ed era un perfezionista assoluto. Tanto che organizzò la serata più importante della sua vita alternando brani orchestrali ad altri per gruppi cameristici e ad omaggi a tutta la precedente tradizione del jazz. Ottenendo anche, lui cresciuto poverissimo nel ghetto ebraico di Chicago, di far suonare insieme sul prestigioso palcoscenico bianchi e neri. Oggi naturalmente non si può più percepire l’impatto sociale di quella serata, ma resta la mu- sica perfettamente organizzata, che Tomelleri ripresenterà grazie all’ausilio dei solisti della Civica Jazz Band. L’ospite Luca Gusella con il suo vibrafono rievocherà poi la figura storica di Lionel Hampton, reso popolare proprio da Goodman. In programma grandi successi orchestrali, a partire da quel «Sing, Sing, Sing» che provocò un entusiasmo quasi incontenibile fra il pubblico della Carnegie Hall.