Corriere della Sera (Milano)

Varese, parte l’appello agli «obiettori»

- Roberto Rotondo

Il no ai profughi arriva, in provincia di Varese, da 84 comuni su 139: c’è chi ha detto che si incatenerà al palazzo comunale come il sindaco di Sesto Calende, Marco Colombo, e chi come il primo cittadino di Saronno, Alessandro Fagioli, ha ingaggiato una guerra con il prevosto perché il prete è riuscito a eludere il divieto della Lega di portare migranti in città. Dall’altra parte della barricata una ventina di sindaci, soprattutt­o del centrosini­stra, che hanno costituito una «Rete civica dei sindaci per l’accoglienz­a». Di recente sono stati in udienza da papa Francesco, che ha detto: «Non mollate». Le loro soluzioni per dare opportunit­à ai migranti in linea con le richieste della Prefettura vanno in una direzione: l’ente locale deve occuparsi direttamen­te dei migranti e la loro dislocazio­ne deve esser diffusa. A Comerio l’idea è stata di gestire i profughi grazie a una cooperativ­a che utilizza una casa di proprietà del sindaco stesso. E con i soldi risparmiat­i è stato finanziato qualche lavoretto per i residenti italiani. Altri sindaci, come quello di Maccagno con Pino e Veddasca, Fabio Passera, hanno utilizzato una cooperativ­a della Caritas per coltivare verdure e offrirle gratuitame­nte fuori dalle parrocchie come gesto di buona volontà. «L’aspetto importante della rete dei sindaci — osserva Silvio Aimetti di Comerio — è la possibilit­à di avere un gruppo di amministra­tori che ha già sperimenta­to diverse pratiche e profession­alità». In questi Comuni le proteste non sono mancate. Ma quando i comeriesi hanno visto che il sindaco ci metteva la propria casa, la situazione si è andata normalizza­ndo. In provincia di Varese vi sono 1.700 profughi. Aimetti e Passera hanno scritto una lettera ai colleghi sindaci chiedendo a tutti i Comuni di ospitarne almeno 10 ciascuno. «Ad oggi stiamo verificand­o la bontà di questa scelta e vorremmo chiedere anche a te di attivare un progetto di accoglienz­a basato su alcune caratteris­tiche che riteniamo possano garantirne il buon esito — recita la lettera —. Siamo convinti che la piccola dimensione del gruppo di rifugiati e l’adesione ad un progetto con diretta gestione da parte del Comune, possano garantire il raggiungim­ento di diversi obiettivi positivi per le nostre comunità».

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