IL PESCE CANNIBALE A MILANO
Il cannibalismo è una pratica che in passato era diffusa in diverse popolazioni umane. Ad esempio nel Museo nazionale delle isole Fiji è esposta la forchetta in legno, provvista di quattro punte e lunga oltre 30 cm, con cui i cannibali locali hanno mangiato la carne del signor Baker. Nella stessa teca è esposta anche la parte di suola rimasta dopo il banchetto con il malcapitato. In natura il cannibalismo è praticato quotidianamente da molti animali: è il caso del pesce «gambusia», presente anche nel reticolo idrico minore della provincia di Milano, che pratica il cannibalismo rivolto in particolare verso i propri figli. A differenza di quasi tutte le specie ittiche, le gambusie femmine non producono uova ma piccoli avannotti che liberano nell’ambiente alla fine della gestazione. Appena nati, i piccoli devono trovare un rifugio al fine di evitare di diventare pasto per altri pesci ma spesso della propria madre. Non tutti i pesci praticano il cannibalismo, ve ne sono alcuni come lo spinarello che al contrario costruisce addirittura un nido accudito dal padre che si fa carico di mandare acqua fresca sulle uova con la coda o di cacciare eventuali intrusi. Ovviamente non vi è nulla di sbagliato o di «fuori natura» nella pratica del cannibalismo animale. Nel corso dell’evoluzione non ci sono state pressioni alla soppressione della pratica in quanto era in grado, a modo suo, si perpetrare la specie ad esempio eliminando gli individui più deboli incapaci di trovare subito un riparo e nel contempo per la madre di ricavare energie in grado di rifocillarla dalla fatica della gestazione.