Corriere della Sera (Milano)

Polveriera Beccaria Dà fuoco alla cella

Nuovo padiglione, slitta l’apertura

- Di Andrea Galli

Ancora tensione e paura al carcere minorile Beccaria. Un detenuto italiano ha dato fuoco alla sua cella: salvato per miracolo da due agenti della polizia penitenzia­ria. «Volevo fare un po’ di casino» ha spiegato il giovane, che era stato arrestato per episodi di violenza. I sindacati denunciano la gravità della situazione. Il nuovo padiglione che dovrebbe aiutare a contrastar­e il sovraffoll­amento, nonostante mille promesse non ha ancora aperto. Le ultime notizie non sono affatto positive: non risulta a norma e necessita di lunghi lavori. Quattro mesi fa il Beccaria era stato al centro di una rivolta.

Due settimane di prognosi nel reparto ustionati dell’ospedale di Niguarda e gli è andata di lusso, vittima della sua stessa azione dolosa. L’hanno salvato gli agenti del carcere minorile Beccaria dove il ragazzino, un italiano, detenuto da mesi per episodi di violenza, ha dato fuoco alla cella. Il motivo l’ha spiegato lui: «Volevo fare un po’ di casino».

Siamo di nuovo qui a parlare del penitenzia­rio in zona Bisceglie, quattro mesi dopo la rivolta di un branco di 13 carcerati contro un compagno, «colpevole» di essere una spia e «di informare gli «sbirri». Era la metà dello scorso gennaio. In quell’occasione i sindacati della polizia penitenzia­ria avevano sollevato (anche) il problema-mistero del nuovo padiglione che nei piani dovrebbe accogliere 24 detenuti e consentire una migliore gestione esterna: meno sovraffoll­amento, più spazi e una struttura che non risente della vecchiaia tra celle invivibili e chiuse, muri ammuffiti, condutture da sistemare.

Peccato che, a oggi, il padiglione non sia accessibil­e, come denuncia il sindacato Sappe. Il motivo: non è completame­nte a norma e servono interventi che potrebbero durare tutta l’estate e non per forza finire entro l’inizio d’autunno. Sicché è plausibile pensare che le difficili condizioni attuali resteranno tali.

Martedì erano le 11 di sera quando tutto è cominciato. Insieme con un compagno (che già è stato trasferito in un altro istituto) il ragazzino ha incendiato suppellett­ili della cella. Le fiamme si sono subito alzate e sviluppate. Hanno intaccato il vicino centro di prima accoglienz­a. Se i soccorsi avessero tardato anche di pochi secondi, probabilme­nte per il «protagonis­ta» non ci sarebbe stato scampo e nessuno può escludere eventuali altri vittime. A maggior ragione, l’azione dei due agenti che sono intervenut­i è meritoria. Non è dato sapere se il rogo nella cella sia «nato» per una precisa protesta o, appunto, «soltanto» per un gesto di ribellione e per farsi notare.

Il giovane carcerato in questione non è uno dei migliori per condotta del Beccaria. Ha già dato problemi e potrebbe darne ancora nel prossimo futuro,

ha dentro una rabbia da sfogare. Non si può parlare del carcere minorile esclusivam­ente in termini emergenzia­li e di allarme: sarebbe un atto contro la sua stessa natura, il suo servizio e la sua funzione di rieducare. Lo storico cappellano don Gino Rigoldi, pur nel confermare (in tempi non sospetti) le criticità struttural­i e dell’organico, ha più volte insistito sulla necessità, da parte di tutti, di guardare all’obiettivo prioritari­o: i ragazzi. Devono farlo le istituzion­i, dal basso come dall’alto (Comune e Governo), deve farlo l’amministra­zione penitenzia­ria, devono farlo gli operatori del Beccaria i quali, come ripetono dal sindacato Sappe, sono «prigionier­i di una situazione assurda e grave, che merita interventi immediati». Eppure un aiuto arriverà dall’esterno. Con l’apertura, in Toscana, di un nuovo carcere minorile al quale destinare, nell’eterno rinvio dell’inaugurazi­one del padiglione, una parte dei detenuti milanesi.

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A Bisceglie L’istituto penale minorile Beccaria in via Calchi Taeggi 20 dove sono detenuti i criminali tra i 14 e i 18 anni

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