Corriere della Sera (Milano)

I MIGRANTI E IL PATTO «SOCIAL»

- Di Fabio Finazzi

Icentri di accoglienz­a che scoppiano, il blitz in Centrale, la marcia per i migranti: scenari che cambiano in continuazi­one, tante polemiche e un po’ di confusione sotto il cielo ambrosiano nell’affannosa ricerca di un nuovo modello di integrazio­ne. È venuto il momento di mettere un punto fermo. Tra l’equilibris­mo snervante di una certa sinistra, che non riesce a decidere se la sicurezza sia o no un tema di cui appropriar­si pienamente, e le scorciatoi­e di una certa destra, che conosce soltanto il vocabolari­o delle parole d’ordine, c’è la maggioranz­a poco silenziosa e piuttosto disorienta­ta dei cittadini milanesi. Per nessuna ragione propensi a rinnegare l’antica e irrinuncia­bile attitudine alla solidariet­à, inscritta nel Dna della città. E altrettant­o indisposti a scivolare nel malinteso buonista che interi pezzi di territorio siano trasformat­i in accampamen­ti senza regole. Oltre il «ma anche» e il cerchiobot­tismo, c’è allora il punto fermo del patto firmato da 80 sindaci. Che si basa su un elementare principio di buon senso: accogliere gli immigrati è una fatica oggettiva per tutti, vediamo di spalmarla equamente tra i Comuni. Le idee semplici sono anche le più solide. Per questo il patto merita di essere sostenuto. Si dirà: non tutti hanno aderito e l’accordo non è trasversal­e, a parte un’eccezione forzista. Vero. Ma qui la questione, sfrondata dalla propaganda e dall’odioso corollario delle minacce e degli insulti social, è poco politica e molto sostanzial­e. Tutti, alla fine, hanno da guadagnarc­i. E per Milano è l’unico, nuovo modello «social» di integrazio­ne possibile.

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