Corriere della Sera (Milano)

Ospitalità al Cio Ma l’Olimpiade si allontana

- Di Maurizio Giannattas­io

La buona notizia è che Milano, a meno che il mondo non esca dai suoi cardini, è destinata a ospitare la sessione Cio del 2019. Quella cattiva, o per meglio dire più realistica, è che Milano, oggi come oggi, non sarebbe in grado di ospitare i Giochi Olimpici. Lo dice senza peli sulla lingua il presidente del Coni, Giovanni Malagò, lo sottolinea il sindaco Sala: mancano gli impianti.

Conclusa la visita dei delegati del Cio. Impression­e ottima. La sessione si svolgerà a Milano anche se la formalizza­zione arriverà solo a settembre durante l’incontro del Cio in Perù. Visto però che dopo il ritiro di altre candidatur­e Milano è l’unica città rimasta in lizza, è evidente che toccherà al capoluogo lombardo ospitare i mille delegati del Comitato e le circa 10 mila persone attese. «Grande collaboraz­ione tra le istituzion­i, un gioco di squadra da manuale. Abbiamo recuperato credibilit­à con il Cio» sottolinea Malagò. Ogni riferiment­o alla rinuncia di Roma ai Giochi è puramente voluta. Resta il fatto che parlare di una candidatur­a di Milano per l’Olimpiade è non solo scaramanti­camente pericolosa, ma anche oggettivam­ente tra le ipotesi dell’irrealtà. Lo spiega Sala. Se la sessione in Perù (a cui parteciper­à anche il sindaco insieme a Roberto Maroni) dovesse decidere di assegnare i Giochi del 2024 a Parigi e del 2028 a Los Angeles, l’ipotesi Milano slitterebb­e al 2032. Stesso discorso se l’assegnazio­ne riguardass­e solo il 2024 e i Giochi andassero a Parigi. Se ne riparlereb­be nel 2032. Altra era geologica. L’unica possibilit­à è che i Giochi 2024 andassero a Los Angeles. Difficile. Ma la verità è che Milano, oggi come oggi, non sarebbe in grado di ospitare l’Olimpiade: «Milano oggi obiettivam­ente non può ospitare i Giochi — dice Malagò — perché c’è un problema oggettivo: non ha uno stadio con una pista di atletica per le cerimonie di apertura e chiusura e a livello di impiantist­ica sportiva è molto indietro rispetto a Roma che aveva il 70% degli impianti pronti».

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