Case di periferia fronda a sinistra: più integrazione
Zone popolari, divisioni nella maggioranza sulle strategie
«I progetti di integrazione messi in atto sono insufficienti, nelle periferie ci sono mondi diversi che non si parlano». L’invito alla giunta a fare di più e ad introdurre nei grandi quartieri popolari, per esempio, la figura dell’«operatore di coesione e di integrazione» arriva dall’interno del Pd, che punta l’attenzione sulle zone più difficili della città. Con una lettera al sindaco e agli assessori Rabaiotti, Majorino e Rozza, oltre al delegato alle Periferie Mirko Mazzali, alcuni consiglieri comunali dei democratici sollevano il problema della mancata integrazione delle famiglie straniere che regolarizzano la loro posizione attraverso il permesso di soggiorno e che, subito dopo, fanno domanda per ottenere la casa popolare. «Le assegnazioni di alloggi a questi nuclei familiari sono state costanti nel corso di questi anni — scrivono i consiglieri pd — determinando però in alcuni quartieri un incremento considerevole del loro numero che si inserisce in contesti sociali invecchiati e con insufficienti presidi sociali, capaci di vincere reciproche diffidenze tra residenti italiani e nuovi abitanti di etnia straniera. Si vive, in alcuni quartieri, nonostante gli encomiabili sforzi di cittadini controcorrente di entrambe le parti, in una situazione di separatezza che non aiuta a superare incomprensioni e timori presenti tra i residenti soprattutto italiani».
Aldo Ugliano (primo firmatario), i presidenti della commissione Periferie, Roberta Osculati, Sicurezza e Coesione sociale, Rosario Pantaleo, Casa, Lavori pubblici e Erp, Simonetta D’Amico, Politiche sociali, Angelica Vasile, e la vicepresidente della commissione Cultura, Sumaya Adel Qader, chiedono di inserire «nei quartieri a più alto tasso di residenti stranieri le figure di operatori sociali con il precipuo scopo di promuovere specifiche iniziative tese al superamento delle diffidenze e dei timori». «E’ un passo necessario — incalza Ugliano — perché gli attuali progetti di integrazione sono insufficienti. Dobbiamo fare di più».
Per garantire l’integrazione vera, la sinistra radicale, insieme a comitati e associazioni, punta invece sul lavoro. Con un convegno in programma sabato in Sala Alessi di Palazzo Marino, dalle 9,30, l’associazione Diritti e Frontiere, Costituzione Beni Comuni e il gruppo Milano in Comune invitano a dibattere su «Lavoro per i migranti, lavoro per tutti». Economisti, giuristi, attivisti delle associazioni antirazziste insistono sul lavoro come «essenziale strumento di inclusione sociale per tutti». Interverranno anche il presidente della Casa della Carità, don Virginio Colmegna, e Piero Basso, di Costituzione Beni Comuni. «Questa iniziativa è in continuità con la marcia di sabato scorso — dice Basilio Rizzo di Milano in Comune — Il lavoro è lo strumento per garantire i diritti, passaggio fondamentale per uscire dalla clandestinità. Dobbiamo respingere l’equazione immigrati uguale illegalità. Il tema è: immigrati uguale povertà. E che adesso nel Pd ci sia un inseguimento ai distinguo con l’appoggio alla legge Minniti mi pare sbagliato».