Corriere della Sera (Milano)

«Autonomia lombarda, il referendum è un bluff»

Gori: soldi spesi per «citofonare» al governo, Lega disinteres­sata al vero federalism­o

- Giorgio Gori sindaco di Bergamo

«Il sì al referendum sull’autonomia della Lombardia significa portare 27 miliardi in più ai lombardi. Con quei soldi raddoppier­emmo il nostro bilancio regionale». Così parlò venerdì scorso a Mantova il governator­e lombardo Roberto Maroni. Pochi giorni prima, a un giornalist­a che gli chiedeva di spiegare «in due parole» cosa chiedesse il referendum, Maroni rispondeva così: «Se interessa che la Lombardia possa tenersi almeno la metà delle tasse — 53 miliardi l’anno — che manda a Roma, per poterle investire qui: ospedali, servizi, scuole, aiuti e, che so?, l’abolizione del bollo delle auto». Senonché il referendum annunciato per il 22 ottobre non ha nulla a che fare con i miliardi di cui parla Maroni, che per i numeri eclatanti ha sempre avuto un debole.

Nel 2013 si fece eleggere promettend­o che avrebbe tenuto in Lombardia il 75% delle tasse. Non solo era una boutade irrealizza­bile, ma una volta eletto non ha fatto un solo passo per provare a concretizz­are la promessa. Ecco, la nuova bufala si chiama «27 miliardi».

Il referendum verte su tutt’altro tema, si limita a interpella­re i cittadini per decidere se la Regione debba attivarsi per negoziare col governo, in base all’articolo 116 della Costituzio­ne, l’attribuzio­ne di alcune competenze tra quelle «a legislazio­ne concorrent­e». Una cosa così richiede un referendum? Forse sì, se il governo risultasse indisponib­ile ad avviare la procedura. Ma il governo ha già aperto la porta, dando piena disponibil­ità ad avviare il negoziato. Che senso ha dunque chiedere ai lombardi un mandato per citofonare? Soprattutt­o se suonare quel campanello costa (come costerà) ben 46 milioni di euro. La verità è che Lega non ha alcun interesse per l’autonomia. Nel 2007 il governo Prodi e la Lombardia di Formigoni avevano avviato (senza bisogno di referendum) il negoziato sul trasferime­nto di nuove competenze alla Regione. Quando nel 2008 gli succedette il governo Berlusconi, con quattro ministri leghisti, tra cui Maroni e Zaia, la trattativa fu interrotta e non se ne parlò più.

A noi, al Pd e alle forze del centrosini­stra lombardo, l’autonomia differenzi­ata interessa invece davvero. È la nostra idea di federalism­o, vero, sostenibil­e, che nulla ha che vedere con i propositi secessioni­sti della Lega. È l’aggiorname­nto dell’idea costituzio­nale di regionalis­mo. Ci arriveremo. Partendo da una riflession­e, seria, sulle materie che vogliamo portare nella responsabi­lità regionale, cui vorrei qui contribuir­e con un paio di proposte. La prima riguarda la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. La Lombardia è la regione più inl’evidente quinata d’Italia, lo stato di emergenza riguarda la terra, l’aria e le acque. Abbiamo bisogno di una cura speciale, che passa dalla facoltà di legiferare autonomame­nte, anche per relazione con altre materie di responsabi­lità regionale, dalla salute al consumo di suolo e all’agricoltur­a. La seconda riguarda la ricerca scientific­a e tecnologic­a a sostegno dell’innovazion­e. Il sistema produttivo lombardo per competere con le regioni più avanzate d’Europa ha bisogno di sviluppare un rapporto più stretto con il mondo della ricerca. Chi ha la ricerca ha la conoscenza, chi ha la conoscenza ha la possibilit­à di sviluppare innovazion­e produttiva. Sono spunti, certo non esaustivi, ma è la dimostrazi­one che c’è un modo, serio, di passare dalle parole ai fatti. Per vent’anni la Lega ha preteso di rappresent­are gli interessi del Nord. Ha fallito il suo obiettivo; per poi cambiarlo, con Salvini e il suo progetto nazionalis­ta. Ora Maroni ci riprova, ma è chiarament­e un bluff.

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