Da Cremona all’Europa i bastoni da hockey sono un affare di famiglia
LA STORIA GLI ARTIGIANI DELLO SPORT Gli Azzali producono solo mazze per la disciplina su pista
All’ingresso del grande capannone immerso negli odori di colla e vernice si presenta il figlio. Alle sue spalle, defilato, il padre. «Cinque generazioni di falegnami, hanno cominciato i miei antenati costruendo carri e sto continuando io con le mazze per l’hockey a rotelle». Andrea Azzali, 42 anni, ultimo erede di una famiglia che ha legato il suo nome ai segreti del legno, invita ad entrare.
Azzali è tra i pochi in Europa ad essersi specializzato in questa produzione particolare. «È uno sport di nicchia, certo, ma anche un settore molto dinamico. E io non mollo». Nell’azienda di Ossolaro, frazione di Paderno Ponchielli, piccolo paese fuori Cremona circondato dalla campagna, è impiegato a tempo pieno solo lui. Il padre, Emilio, 76 anni, dà una
mano e dispensa qualche consiglio. «Quando c’è da grattare e incollare», sorride il figlio. Gli Azzali avevano iniziato con un altro sport. «Mio papà faceva le pagaie per le canoe. Allora lo stabilimento era a Cremona e i suoi clienti venivano soprattutto dall’Europa dell’Est. Tra loro c’era anche un italiano: Oreste Perri, il nostro concittadino pluricampione mondiale di canoa». Tra un remo e l’altro Azzali senior intagliava anche mobili. Erano i tempi d’oro, quando nel laboratorio lavoravano cinque operai. «Io ho iniziato a venire in bottega a 12 anni, ripulivo le macchine dalla polvere in cambio della mancia».
Da allora è cresciuto in mezzo a pialle e morsetti, fresatrici e affilatrici, mazzuoli e scalpelli. Una passione diventata un mestiere. Quando il carbonio ha fatto irruzione ha mandato in soffitta le vecchie pagaie. Con il risultato che la famiglia di artigiani della Bassa ha dovuto ingegnarsi per trovare un’altra strada e diversificare l’attività. «Dalla nostra azienda uscivano anche le mazze da hochey su ghiaccio, che poi finivano nelle mani delle squadre migliori, da Bolzano a Milano. Producevamo già allora anche quelle per l’hockey su pista, ma era un’attività marginale». Andrea è subentrato ad Emilio nel 1999 e da allora sforna esclusivamente bastoni per l’hochey a rotelle. «Mi piacevano a tal punto che mi sono specializzato. Ho cominciato facendo un sacco di test per i giocatori della Pieve 010, la squadra di un paese vicino, Pieve san Giacomo, che milita in Serie A 1. Prova dopo prova, le mie mazze si sono affinate».
Dalla falegnameria escono 1.500 pezzi all’anno vendute in tutta Italia e in Europa. «Lavoro vari tipi di legno come l’hickory, il più duro, un albero che cresce nel Nord America, il frassino, il faggio, la robinia». L’intero ciclo produttivo è rigorosamente artigianale, dalla piegatura dei listelli alla levigatura. Un mestiere fatto di attenzione e fatica, concentrazione e sudore. «Questo è il periodo dell’incollatura, da fare ogni due ore e mezza, giorno e notte, domeniche e feste incluse». Rispetto all’hockey su ghiaccio la curvatura dei bastoni dell’hockey su pista è standard. Cambia, invece, il materiale utilizzato. «Le mazze, lunghe un metro e con lo spessore che può variare di pochi centimetri, sono di due tipi: interamente in legno o in legno e vetroresina.
Il primo modello ha una sensibilità maggiore, è destinato agli atleti più tecnici, il secondo è per quelli che preferiscono la potenza e hanno quindi bisogno di un strumento più robusto». Tra i clienti del falegname cremonese ci sono campioni italiani e stranieri. Ognuno con le sue richieste particolari. «Federico Ambrosio, nato e cresciuto in Argentina ma che ora indossa la maglia dell’Amatori Lodi, vuole un attrezzo rigido; lo spagnolo Jordi Bargallò, il fuoriclasse che ora gioca in Portogallo, lo predilige sottile; per Mirko Bertolucci, della società CGC Viareggio, mi affido a un faggio molto compatto perché ama ‘sentire’ la pallina». Il rifornitore di fiducia li accontenta tutti con pazienza. «Non posso permettermi di sbagliare: questo prezioso oggetto di legno dev’essere il prolungamento della mano».
Manifattura «Realizziamo 1.500 pezzi l’anno, tutti fatti a mano con vari tipi di legno»
I campioni «L’argentino Ambrosio vuole un attrezzo rigido, lo spagnolo Bargallò lo preferisce sottile»