IL TECH NON UCCIDE IL NEGOZIO
Tokyo, area centrale. Al Pronto Caffè & Bar 1988 un robot umanoide vi accoglie mostrando il menu e prendendo le ordinazioni. Diciamoci la verità: è poco più di un’attrazione da circo per dei clienti ormai abituati a tutto, ma funziona e attrae. Milano, area semicentrale di Lambrate, via Vallazze 116. Nel negozio di Marco Sperati gli schermi touch vi raccontano la storia dei prodotti che vi interessano e, nel frattempo, i sensori del commerciante studiano i flussi dei clienti per cercare di migliorare il business. Anche questo se vogliamo è marketing, ma funziona e attrae i clienti. Sperati ha deciso di non restare a guardare mentre grandi trend mondiali passano sopra la sua testa. Certo, il commercio elettronico si fa sentire: con i suoi «saldi» tutto l’anno e le consegne che in una città come Milano galvanizzano l’utente facendogli trovare i pacchetti sotto casa in due ore, l’ecommerce si è mangiato un quinto della torta. Fare il negoziante, soprattutto in periferia, è sempre di più un’attività da buon samaritano. Ma proviamo a immaginare una città come quel Paese fantasma che ci attende a Ferragosto. Edicole chiuse. Bar serrati. Negozi con le saracinesche abbassate. «Un vuoto meraviglioso. Meraviglioso o inquietante?» si chiedeva Buzzati sul Corriere nel suo Ferragosto «con i marziani» del ‘64. Proviamo a immaginare le periferie senza quello spirito mercantile che dal Medioevo ha animato le società. Sperati rappresenta un antidoto a un mondo che cambia e che, forse, dovremmo domandarci più spesso se lo vogliamo.