La Lombardia è una regione in armi
Cresce il numero delle licenze rilasciate. Il boom del mercato (fuori controllo) tra privati
Continua il boom dei porto d’armi in Lombardia. I numeri aggiornati del ministero dell’Interno visionati dal Corriere parlano chiaro: dal 2014 al 2016 le licenze in regione sono in aumento di oltre il 7%. Numeri in controtendenza rispetto al dato nazionale, che ha visto nell’ultimo anno le licenze attive scendere dal milione e 237 mila del 2015 al milione e 205 mila del 2016. È stato il questore di Milano Marcello Cardona a illustrare come il dato, guardando al solo capoluogo lombardo, potrebbe essere anche più alto: «Da quando sono arrivato — aveva detto il questore — non ho mai smesso di firmare dinieghi». Questi ultimi passati dai 271 del 2015 ai 606 del 2016. È sufficiente passare un’ora all’interno di un’armeria per capire che il proprietario non è mai solo: il flusso continuo di clienti che acquistano munizioni e accessori o portano un’arma a riparare è continuo. Così come dando uno sguardo al bilancio del gruppo Beretta (tra i maggiori produttori di armi e accessori) si ha la sensazione di analizzare un mercato che non ha conosciuto crisi e che macina fatturati crescenti. I ricavi del gruppo in Italia (che valgono circa l’8% dei 679,4 milioni globali) hanno toccato quota 41,3 milioni di euro, in crescita di 9 milioni
sul 2015.
La voglia di armarsi aumenta. In questi ultimi anni le associazioni che riuniscono le armerie italiane, da Assoarmieri a Conarmi, hanno spiegato il fenomeno con i successi dei tiratori italiani alle Olimpiadi. Nel 2016 le licenze attive in regione hanno sfondato quota 176 mila, 6 mila in più rispetto al 2015. Il tasso di licenze più alto in relazione alla popolazione se lo aggiudica la provincia di Lodi con oltre cinque porto d’armi ogni cento abitanti. Proprio dal Lodigiano, lo scorso marzo, è ripartito il can can politico che si è scatenato attorno alla legislazione sulla legittima difesa. Complice lo sparo partito da un’arma del ristoratore Mario Cattaneo, titolare dell’Osteria dei amis di Casaletto Lodigiano, che ha ucciso il 33enne Petre Ungureanu, sorpreso a rubare sigarette nel locale.Il fatto ha rimesso al centro il dibattito a cavallo tra detenzione di armi e difesa del domicilio. Dalle richieste di modifica alla legge italiana (in attesa di approvazione al Senato, dopo il passaggio alla Camera dello scorso quattro maggio, ndr) il tema è dibattuto anche a livello europeo, in particolare per quanto riguarda la circolazione delle armi. La recente e contestata direttiva 477 dell’Europarlamento, non ancora recepita dall’Italia, ha messo alla berlina la detenzione di alcune tipologie di «armi comuni», tra cui anche quelle disattivate, scontrandosi con le ire di produttori e armerie. Ma queste ultime vendono davvero pistole per chi si presenta a chiedere lumi sulla difesa personale? «Tenendo fuori dal conto coloro che sono autorizzati a tenere con sé una pistola per difesa personale o per lavoro — dice il gestore di un’armeria alle porte di Milano — chi entra e chiede come difendersi torna a casa soprattutto con spray urticanti, scacciacani o addirittura fionde. Per il resto è sotto gli occhi di tutti l’incremento delle vendite a uso sportivo».
Da qui la necessità di un controllo maggiore del mercato e dei passaggi di mano delle armi una volta che entrano nel vortice delle transazioni tra privati. «Una tipologia di vendita sbagliata — racconta ancora l’armiere — che andrebbe abolita e ben poco sotto controllo. Personalmente per aprire un’armeria e dunque sottostare a controlli e tracciare le vendite, circa 800 l’anno, ho dovuto fare un corso e un esame presso la prefettura. Se vedo un porto d’armi falso me ne accorgo e non procedo alla vendita. Un privato può avere la stessa preparazione e attenzione?». Secondo una stima della Commissione europea in Italia sono legalmente detenuti tra i sette e i dieci milioni di armi. L’Italia è uno dei paesi europei con il più basso tasso di armi legalmente detenute dietro a Finlandia, Cipro, Svezia e Francia. In totale, 4 milioni di famiglie in cui ne è presente almeno una. I dati risalgono a nove anni fa e da allora non è più stato diffuso alcun aggiornamento.
Controtendenza Nel resto d’Italia i permessi attivi sono diminuiti, qui sono aumentati del 7%