MEDICINA E LA PALUDE DEI TEST
Il San Raffaele, avendo corsi internazionali di medicina in lingua inglese ed essendo università non statale, ha potuto, senza problemi, scoprire l’acqua tiepida. E cioè che ammassare migliaia di candidati ai test nella stessa ora e nello stesso luogo per far loro compilare manualmente crocette su risposte a quiz che non misurano nient’altro che il possesso di nozioni (non di conoscenze!), è come voler dar lavoro agli avvocati amministrativisti, ai Tar e forse anche a qualche psicologo a cui candidati bocciati si rivolgeranno per curare i loro insuccessi. Questo buon senso non è però permesso alle università statali. Qui vigono le regole dell’uniformità nazionale. Tutti dovranno svolgere i test nello stesso giorno, nelle stesse ore, allo stesso modo tradizionale. Se lo Stato, in 70 anni di Repubblica e in 156 anni di Italia unita, non è riuscito a superare questa modalità per gli esami di Stato delle secondarie, immaginiamoci se mai ne poteva formulare un’altra per l’accesso a Medicina. All’amministrazione dello Stato, del resto, importa poco o nulla che i quiz non servano a selezionare gli studenti più adatti e motivati a diventare medici. Interessa solo che la procedura, con cui scegliere un fortunato studente su dieci interessati, sia la più funzionale per i propri adempimenti burocratici e la meno controvertibile possibile per gli azzeccagarbugli nostrani. Una decimazione, insomma. Poco importa che alla fine diventino medici anche persone che sarebbe bene facessero altro. Non andremo lontano continuando così.