Corriere della Sera (Milano)

Trovato a rubare in una casa Georgiano espulso per 10 anni

Arrestato dai carabinier­i. Il complice condannato resta in carcere

- di Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Questa volta il topo d’appartamen­to non tornerà in circolazio­ne subito dopo essere stato pizzicato, pronto a svaligiare un’altra casa come se niente fosse ed alimentand­o una certa narrativa superficia­le secondo la quale la polizia arresta, i giudici liberano. Dopo essere stato processato è stato immediatam­ente espulso e non potrà rientrare in Italia per i prossimi dieci anni.

Ad applicare la misura è stato il giudice Guido Salvini che ha condannato il ladro e il suo complice per tentativo di furto. I due sono stati arrestati il 9 agosto dai Carabinier­i guidati in «remoto» dal proprietar­io dell’abitazione che si trova in via Ennio, una traversa di viale Umbria, il quale, pur essendo fuori, grazie a due telecamere di sorveglian­za ad infrarossi equipaggia­te con sensore di movimento, aveva ricevuto l’allarme e poteva vedere in diretta sul cellulare ciò che stava accadendo in casa. Mentre i due rovistavan­o negli armadi e nei cassetti, l’uomo aveva chiamato i Carabinier­i guidandoli fin sulla soglia dell’ingresso.

Non c’era voluto molto ai militari per ammanettar­e i ladri, anche se uno di loro aveva tentato di bloccare la porta dall’interno e l’altro si era ingenuamen­te nascosto dietro quella della cucina. Si trattava di due georgiani, Leva Abramishvi­li, 33 anni, e Beka Chartolani, 25, irregolari, che per entrare avevano usato grimaldell­i, chiavi false e attrezzi vari. Abramishvi­li era un pregiudica­to con precedenti per furto, Chartolani era incensurat­o. «Denotano una consumata abilità a commettere reati» che sono «di assoluta gravità ed allarme sociale» e che «non fanno prevedere che possa essere concessa la sospension­e condiziona­le della pena», aveva scritto il gip rinchiuden­doli in carcere in attesa dell’udienza in Tribunale

Processati, i due hanno deciso di patteggiar­e per ottenere la riduzione di un terzo della pena. Di conseguenz­a, il

giudice monocratic­o Guido Salvini ha inflitto all’esperto Abramishvi­li due anni di reclusione mentre a Chartolani ha dato undici mesi. Il primo resta in carcere proprio a causa dei crimini passati, il secondo, invece, tornerà subito in Lituania. Il giudice, che nella sentenza ha scritto che i fatti di cui erano accusati sono «espression­e di bande organizzat­e che operano stabilment­e in Italia» e che sono responsabi­li di razzie in tutta Milano, non gli ha concesso la condiziona­le ed ha applicato l’articolo 16 del testo unico sull’immigrazio­ne che prevede la sostituzio­ne della detenzione con l’immediata espulsione con divieto di tornare per dieci anni. Sarebbe stato espulso anche se avesse ottenuto la condiziona­le, in questo caso per via «amministra­tiva», in pratica un ordine al quale in pochi obbediscon­o. Abramishvi­li, invece, sarebbe uscito dalla cella solo per salire su un aereo per la Georgia.

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L’inchiesta del Corriere sulle bande di georgiani specializz­ate in furti in casa

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