Svolta al Campo dei Fiori «Puntiamo alla riapertura dello storico Grand Hotel»
La nuova proprietà: pronti a investire, si parte dall’ex ristorante
Un capolavoro d’inizio Novecento si avvia a rinascere, dopo mezzo secolo di oblio, grazie alle idee di quattro giovani studenti del Politecnico di Milano. Mai come in questi mesi la prospettiva della riapertura del Grand Hotel Campo dei Fiori, gioiello liberty dell’architetto Giuseppe Sommaruga, ha avuto un’accelerazione (il merito è anche del Fai che a giugno e luglio ha organizzato visite nel vecchio hotel), e mai come ora c’è la sensazione che Varese sia vicina a riappropriarsi di un capolavoro messo in un angolo per decenni.
Mauro Morello, già vicesindaco e rappresentante della nuova proprietà che ha acquisito sia l’hotel sulla montagna sia il Palace in città (il «fratello» dell’altro, con la differenza che non ha mai cessato l’attività), la domanda fatidica se l’aspetta: quando accadrà? La risposta è chiara: «Partiremo dall’ex ristorante Belvedere, che sta sopra la stazione d’arrivo della funicolare: nel 2018 contiamo di definire il progetto di recupero, nel 2019 di avviare i lavori. Ma contemporaneamente vareremo, entro il 2020, un investimento serio sul Grand Hotel e sulle altre parti acquistate». Lo spunto? Viene da due tesi di laurea, una in architettura firmata da Marco Colnago e Cristina Monesi e una in ingegneria realizzata da Alice Di Simone e Michele Monhurel con relatori Filippo Tartaglia e Riccardo Aceti. La spinta giusta l’hanno così data dei giovani col gusto di un passato che aspetta solo di rivivere.
«I loro lavori hanno dimostrato che l’albergo, pur decadente, ha strutture ancora solide. Ci piace la proposta: un recupero progressivo, ogni passo che alimenti quelli successivi». In pratica, sarà un domino virtuoso e costante. Con un sogno: «Conquistare i nostri figli con le bellezze del Novecento».
Serve una sintesi storica. Il ramo del Campo dei Fiori della funicolare fu chiuso nel 1958 e a differenza di quello del Sacro Monte, riattivato nel 2000, attende di essere riaperto (aspetto cardinale del piano di recupero). Quel declino dettò, assieme ad altri fattori, anche quello dell’hotel, inaugurato nel 1912 e chiuso nel 1968 per essere poi ridotto a sede di antenne di ogni razza e tipo. La loro rimozione sarà un aspetto critico, ma inevitabile. Questo è il punto di partenza della nuova cordata, legata a una storica azienda tessile (la Brunello spa) che ha in «pancia» una struttura patrimoniale dotata di una società di ingegneria e di un ramo alberghiero. «Lavoriamo sugli hotel di charme e per Varese pensiamo a un’accoppiata tra il Grand Hotel e il Palace. Offerta duplice: in città un centro congressi e un luogo soprattutto di lavoro, sulla montagna il relax».
Proprio il Palace, aperto nel 1913 e oggetto a breve di importanti aggiornamenti, incluso un centro benessere, ha dato l’idea: «Con un paio di semplici interventi, ha già raggiunto il 91% di occupazione. Sono in gran parte stranieri che usano Varese come base per visitare l’area dei laghi: ecco il fascino che la città deve rilanciare. Infine, abbiamo comperato due opere d’arte a 50 km da Milano e a 20 da Malpensa; e il Grand Hotel è all’interno di un parco dove convivono natura e scienza (il Centro geofisico prealpino, ndr)».
Il «sistema Varese» può così riattivarsi. Di mezzo ci sono un’offerta di soggiorno di qualità a un prezzo corretto; l’integrazione con il Sacro Monte, Nel 2018 il progetto di restauro, poi i lavori progressivi. Lo spunto in due tesi di laurea patrimonio dell’Unesco; una valenza sportiva («Coinvolge pure il lago: anche la Gran Bretagna, dopo l’Australia, manderà i canottieri ad allenarsi qui»); l’apertura agli stranieri come nei giorni della Belle Époque, non a caso apogeo della città. «La Brexit aiuterà Milano e la nostra zona, così come dovremo intercettare un turismo che ha smesso di frequentare il Nord Africa per evidenti ragioni. Questa scommessa la si vince solo regalando emozioni: il Grand Hotel Campo dei Fiori, come il Palace, va aperto al mondo».
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