Corriere della Sera (Milano)

Trovato col satellitar­e e processato in India «Momenti di terrore»

- Roberto Rotondo

Èandato in vacanza portando con sé un telefono satellitar­e, in un territorio dove non era consentito per legge utilizzare tali apparecchi, e per poco la vicenda non è sfociata in un caso internazio­nale. Ma tutto si è risolto con un processo lampo e una cauzione di poche rupie pagata per poter ritornare subito in Italia. È la disavventu­ra vissuta da Gianluca Fidanza, 49 anni, il vicesindac­o del Comune di Comerio (Varese) che domenica 6 agosto è stato bloccato all’aeroporto di New Delhi, in India, e fermato dalla polizia. Reato contestato: la violazione della legge indiana sulle telecomuni­cazioni. «È stata una bruttissim­a avventura — racconta oggi il vicesindac­o Fidanza ricordando quei momenti di terrore —. All’aeroporto di New Delhi, un poliziotto mi ha guardato in faccia e mi ha detto che avevo commesso un crimine molto grave, e che non sapeva se avessi potuto ritornare in Italia. Hanno bloccato la fila dei passeggeri e mi hanno isolato dagli altri partecipan­ti alla vacanza».

Inutile dire che il primo pensiero, per un italiano, è andato alla vicenda dei due marò, ma nulla di questa storia è collegabil­e a quell’intricata questione diplomatic­a. Gianluca Fidanza, più sempliceme­nte, è un appassiona­to di raid in moto. A fine luglio era partito per un giro motociclis­tico in India, nella regione del Ladhak, con un’associazio­ne francese specializz­ata in vacanze sulle due ruote. Il Ladhak è una regione ai piedi delle montagne più alte del mondo, e offre percorsi di grande fascino tra l’Himalaya e il Karakorum. «Lì vi sono delle comunicazi­oni con i telefoni cellulari molto precarie e in alcuni casi impossibil­i — racconta —, ho acquistato un telefono satellitar­e perché volevo rimanere in contatto con la famiglia e avere notizie di mio figlio che, pochi giorni prima, aveva avuto un piccolo incidente domestico. Ma non ho tenuto conto di un particolar­e». È stato proprio un funzionari­o indiano a farglielo presente: detenere un telefono satellitar­e in una regione ad alta densità di infiltrazi­oni terroristi­che è illegale. E quando in quella saletta dell’aeroporto Fidanza si è trovato, per almeno sei ore, interrogat­o da quattro diversi funzionari di cui due dei servizi segreti, gli si è gelato il sangue.

«Il telefono l’avevo acquistato di seconda mano — continua — e la cosa bizzarra è che in India non l’ho mai usato, perché sono riuscito a comunicare con la mia famiglia tramite Whatsapp». Ciò che è accaduto dopo la scoperta del telefono nel bagaglio è stato un vero incubo. «Quando ho messo tutti gli oggetti sul nastro ho visto che il telefono satellitar­e è stato preso dagli agenti ed è scattato il fermo — racconta Fidanza —. Mi è stato spiegato che avevo commesso un crimine molto grave. Mi sono sentito crollare il mondo addosso. Tuttavia mi hanno consentito di avvisare l’ambasciata italiana. Un viceconsol­e è accorso subito e c’è stata una vera mobilitazi­one dell’ambasciata per aiutarmi, con uno zelo encomiabil­e». È stata proprio l’ambasciata italiana, dice, a ottenere che quella domenica sera non venisse portato in cella bensì alloggiato in una guest house. Il mattino dopo si è svolto il processo: «Mi hanno assegnato un avvocato e vi è stata l’udienza penale. Mi traducevan­o tutto. Al termine il giudice mi ha lasciato la scelta: o accettare una pena da tre a sei mesi di carcere e ritornare in Italia con il telefono, oppure pagare una cauzione, andare a casa subito e rinunciare al telefono. Ovviamente non mi importava nulla del satellitar­e, mi ha colpito però che la cauzione costasse solo mille rupie, e cioè 31 euro, l’avvocato invece mi ha presentato una parcella di 7.500 dollari».

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