Sipario sulla Brianza
Teatro nelle cascine, nei chiostri e nelle ville tra il Parco del Curone e le colline della Brianza, un’atmosfera incantata per celebrare «L’ultima luna d’estate», il festival diretto da Luca Radaelli. Spettacoli, incontri, degustazioni, musica, laboratori, aperitivi e passeggiate letterarie, trenta appuntamenti in dodici giorni (da domani al 12 settembre) con artisti noti, da Lella Costa ad Arianna Scommegna, e poi Eugenio Allegri, Oscar De Summa, Guido Catalano, Gigi Gherzi e Silvia Baldini, ma anche nuovi nomi da scoprire come Stefano Panzeri e Teatro Forsennato.
«Quest’anno siamo alla ventesima edizione», afferma Luca Radaelli, «filo rosso del cartellone dunque è il tempo, in scena titoli storici e nuove produzioni, ciò che conta è offrire al nostro pubblico, milanesi in gita e abitanti poco abituati al teatro, proposte sempre di qualità». Con un’ouverture in omaggio allo spettacolo che 20 anni fa inaugurò la prima edizione del festival, «Promessi! ovvero I promessi Sposi in scena», diretto da Beppe Rosso e dallo stesso Radaelli, in cartellone spettacoli che hanno resistito nel tempo come «Novecento» di Alessandro Baricco, il cavallo di battaglia di Eugenio Allegri, ma anche novità, tra le più attese Lella Costa e la band Yo Yo Mundi/ArtUpArt con «Cesare Pavese and America», il loro recital che alterna frammenti di opere di Pavese, a Melville e Hemingway.
Tra gli artisti di casa invece l’imperdibile Arianna Scommegna, in scena con un monologo destinato a diventare presto un cult, il «Magnificat» di Alda Merini, tante piccole poesie riunite in un’unica drammaturgia. Ad interpretarla, straordinariamente, un’attrice che si divide tra lavoro in compagnia (l’Atir e il Teatro Ringhiera in attesa di sede) e scelte personali, un’artista che sta crescendo a vista d’occhio. «Portare la poesia in teatro non è semplice, ma questo testo è stata una rivelazione», afferma Arianna Scommegna, «è la versione femminile del “Mater Stran- gosciàs” di Giovanni Testori».
La storia di Maria Vergine, uno degli ultimi testi della Merini scritto in una fase della vita in cui la poetessa era molto legata alla spiritualità cristiana, ma anche una preghiera fortemente laica, car- nale e terrena: «Definirlo un testo cattolico è davvero superficiale, Maria è una figura amata da diverse culture. Le corde che tocca la Merini vanno ben oltre alla religione, riguardano il sentire, l’umanità, fin dalla prima lettura le sue parole mi hanno folgorato, ho sentito la necessità di impararle a memoria per condividerle con gli altri, parole semplici, alte, che fanno bene al cuore, aiutano a crescere, a elevarti per essere migliore. Il Magnificat per me è Bellezza, Poesia, il respiro dell’anima, tutto ciò che sentiamo dentro e poi restituiamo agli altri in forma di regalo, il figlio che esce da noi. È l’ultimo soffio dell’uomo, qualcosa di straordinario capace di trasformare l’essere umano da granello di sabbia in meraviglia».