Corriere della Sera (Milano)

PERIFERIE TRA AIUTO E REGOLE

- Di Piergiorgi­o Lucioni

Ogni rivolta lascia dietro di sé una scia di tormento, di se e di ma. È il prezzo da pagare per il cambiament­o, al quale non sfuggono neanche le rivoluzion­i più piccole. Quella degli inquilini delle case Aler di via Civitali lascia una donna incinta senza un tetto — materia di servizi sociali — e la strana sensazione che la legge e l’autorità debbano essere surrogate, o alla meglio integrate, dagli umori della gente. È anche la prova di un radicament­o del malaffare in città con un intreccio di consuetudi­ni illecite. In questo caso dietro il disagio di una donna con un bimbo che non saprà dove far nascere c’è un racket che utilizza i più deboli per insinuare illegalità, occupare case, mettere la legge con le spalle al muro e poi gestire al peggio ciò che carpisce.

Ma questa volta la rivolta ha funzionato: prima delle istituzion­i ci hanno pensato gli abitanti dei caseggiati a impedire l’abuso. Al giungere di polizia e Aler, la ragazza incinta era già stata allontanat­a. Vittima sì, ma anche del risveglio di una voglia di legalità, di giustizia e di partecipaz­ione che non può apparire inappropri­ata. La pietà deve bussare alla porta che difende le regole della convivenza civile, non scardinarl­a. Per questo va accolto il segnale che giunge da via Civitali. Il desiderio di legittimit­à, il no al racket, alla sua logica e ai suoi strumenti, la difesa di una normalità che si declina poi in sicurezza, serenità e ordine, l’alleanza tra cittadini e istituzion­i lascia talvolta lacerazion­i (che vanno affrontate), ma apre anche a uno stare assieme più dignitoso e più civile.

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