La kermesse
La Gustav Mahler Jugendorchester inaugura il festival MiTo alla Scala: l’elogio del ‘900 (fatto dai giovani)
Anche i musicisti tengono in camera i poster dei loro idoli: di solito i colleghi più illustri, tra i compositori Mozart e Beethoven, la silhouette di Brahms o i più arditi Stravinskij. Ingo Metzmacher ha quello di Luigi Nono, «il più grande, ha trovato le sue radici nella musica rinascimentale e medievale, non s’è interessato molto a classici e romantici». Un particolare che spiega molto dell’indole artistica di questo direttore tedesco che domani inaugurerà MiTo portando alla Scala la Gustav Mahler Jugendorchester. «La contemporanea è la musica del nostro tempo e non trovo nessun secolo più interessante del Ventesimo: c’è stata un’esplosione di stili, linguaggi, visioni». Il secolo di Gershwin e Ravel, gli autori che presenta domani assieme alla prima esecuzione italiana di «This Midnight Hour» di Anna Clyne. Il Concerto in Fa, dove la classica si tinge di jazz: «Di solito le orchestre classiche non sono a loro agio con questo repertorio, ma i musicisti della Mahler sono flessibili e aperti, hanno rapidamente assorbito lo stile e il lessico di Gershwin».
Proprio questa apertura è una delle caratteristiche principali «della miglior orchestra giovanile al mondo», come l’ha definita il direttore artistico di MiTo Nicola Campogrande: non a caso l’ha scelta per inaugurare rassegna, affidata prima di loro a corazzate come la London Symphony, San Pietroburgo, la Budapest Festival Orchestra e la Filarmonica della Scala. «Un grande onore, ovviamente: è il coronamento del tour con cui stiamo festeggiando i trent’anni dalla fondazione ad opera di Claudio Abbado. Siamo stati a Bolzano, al Festival di Salisburgo, al Concertge- bouw di Amsterdam, domani (oggi ndr) alla Semperoper di Dresda. Ma l’unico gap tra la Mahler e le orchestre “adulte” è l’esperienza: qui i 112 strumentisti hanno tra i 18 e i 26 anni, per il resto l’età porta solo vantaggi: i giovani non sono standardizzati su un solo modo di pensare e suonare, sono aperti, hanno entusiasmo».
Ad esempio, per spiegare il «Daphnis et Chloé» che chiu- de il programma Metzmacher sottolinea come «Ravel abbia la fluidità di un acquerello senza però perdere il nitore dei particolari, che sono tantissimi. Mi impressiona come questi giovani cerchino il suono che meglio traduca questa immagine». Un altro aspetto che stupisce il maestro è «la capacità della Mahler di conservare un proprio suono e una propria anima anche se l’organico viene pe- riodicamente rinnovato. La dirigo dal 2003, abbiamo realizzato tanti progetti e tante tournée assieme e mi sono sempre trovato davanti a un suono che riecheggia ancora la lezione di Abbado: voleva che i musicisti si ascoltassero come se stessero facendo musica da camera, cercava un suono “impegnato” e al contempo naturale». La natura è il tema di MiTo e «Nel regno della natura» è il brano che completa la serata: «Dvorak si fa ispirare nel profondo dalla natura: non si limita a descriverla, ma sviluppa una concezione filosofica del creato e in questo si avvicina a Mahler».