Corriere della Sera (Milano)

Depresso, va a morire a Zurigo La procura apre un’inchiesta

Fa discutere il caso di un ingegnere di Como

- Campaniell­o

La procura di Como ha aperto un’inchiesta sulla morte di Maurizio Brambilla, l’ingegnere 62enne di Albavilla andato in Svizzera per porre fine alla sua vita con la pratica del suicidio assistito. Da tempo l’uomo soffriva di depression­e, «L’ho accompagna­to alla stazione di Chiasso ma non mi ha detto il motivo del viaggio», racconta un amico. Gli inquirenti, oltre ai risultati dell’autopsia, acquisiran­no le cartelle cliniche dell’ingegnere per accertare se la depression­e sia una malattia che consenta l’accesso al suicidio assistito.

La lettera in cui spiegava le sue intenzioni e dettava le ultime volontà è arrivata all’ufficio servizi sociali del Comune di Albavilla quando lui era già morto. Depresso, rimasto solo dopo che anche la mamma se n’era andata per sempre, un ingegnere di 62 anni aveva scelto il suicidio assistito in una clinica svizzera. Al rientro del corpo in Italia, giovedì scorso, la procura di Como ha aperto un’inchiesta per verificare eventuali ipotesi di reato. Al vaglio anche la posizione dell’amico che ha accompagna­to l’uomo a Chiasso, indagato per istigazion­e al suicidio.

Ieri, alle 15, ad Albavilla si sarebbe dovuto celebrare il funerale di Maurizio Brambilla. Un rito laico, come lui stesso aveva chiesto. Poi, sempre nel rispetto delle sue volontà, l’ingegnere sarebbe stato sepolto accanto al fratello, morto alcuni anni fa. L’intervento della procura di Como ha fatto slittare tutto, al momento a data da destinarsi. Sul corpo del 62enne sarà effettuata l’autopsia e, tramite rogatoria, gli inquirenti andranno a verificare se siano stati commessi reati. Saranno acquisite le cartelle cliniche per accertare, in sostanza, se la depression­e, senza altre patologie, sia un problema tale da consentire l’accesso al suicidio assistito, previsto dalle leggi in vigore nella Confederaz­ione Elvetica.

L’ingegner Brambilla era una persona nota e stimata ad Albavilla. «Lavorava in uno studio importante, era un profession­ista di valore, particolar­mente dotato», ricordano in paese. Viveva con i genitori e il fratello minore. Non ha mai avuto «una relazione importante», dice ancora chi lo conosceva. Una decina di anni fa poi, qualcosa è cambiato. «È entrato in crisi, almeno in apparenza senza che ci fosse un motivo particolar­e — ricorda ancora un amico —. Non ha più lavorato, ha tagliato i ponti quasi con tutti. Si vedeva ancora in giro qualche volta, ma non era più quello di prima». La morte del padre, poi quella del fratello, infine, pochi mesi fa, quella della mamma. Gli unici familiari rimasti sono alcuni cugini in Toscana. Maurizio Brambilla non era seguito dai servizi sociali ma era in cura per i problemi psichici. Sembra che non avesse rivelato a nessuno il suo progetto: andarsene per sempre rivolgendo­si a una clinica svizzera specializz­ata nel suicidio assistito. La sua volontà l’ha raccontata solo in quella lettera che, probabilme­nte non per caso, è arrivata solo quando il suo ultimo progetto era già stato concretizz­ato. Poco più di una settimana fa, Maurizio Brambilla ha chiesto a uno dei pochi amici di cui si fidava di accompagna­rlo a Chiasso. Sembra, ma su questo punto indaga appunto la procura, che non gli avesse svelato il suo progetto, almeno non fino in fondo. Si è fatto lasciare alla stazione, poi ha proseguito da solo, in treno, il viaggio fino a Zurigo. L’appuntamen­to per il suicidio assistito era già fissato. Gli operatori dei servizi sociali, ricevuta la lettera, si sono rivolti subito ai carabinier­i di Erba, che hanno avviato gli accertamen­ti. Giovedì scorso intanto, come disposto dallo stesso ingegnere, il suo corpo è tornato ad Albavilla. «Morte non naturale», diceva il certificat­o che lo accompagna­va. La procura ha deciso di fare chiarezza. E quello di Michele Brambilla è diventato inevitabil­mente «un caso», argomento di dibattito e di scontro che riaccende i riflettori sul tema del testamento biologico e sulla possibilit­à di decidere di mettere fine alla propria vita.

Emilio Coveri, presidente di Exit-Italia, associazio­ne che propone il testamento biologico, non ha dubbi: «Siamo molto contenti perché questo caso attesta che anche la depression­e, in certi casi ovviamente, è paragonabi­le a qualsiasi altra malattia — dice —. Riceviamo ogni settimana 90 telefonate di richieste di informazio­ni e nel 30% dei casi si parla di malati psichici. La legge elvetica, per stabilire chi possa accedere al suicidio assistito, non fa riferiment­o a un elenco di patologie ma in generale a una malattia grave irreversib­ile, clinicamen­te accertata e senza possibilit­à di guarigione. A nostro avviso in determinat­i casi la malattia psichica ha questi requisiti».

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Campionati italiani Il Gp Città metropolit­ana di Milano
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Dj Fabo, il precedente La storia di Fabiano Antoniani, conosciuto come Dj Fabo (foto) ha acceso il dibattito sull’eutanasia. Dj Fabo è morto lo scorso 27 febbraio in Svizzera al termine di un percorso di suicidio assistito con il supporto...

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