Noseda dirige la London nella Quarta di Ciajkovskij
Gianandrea Noseda dirige a Stresa la London nella quarta sinfonia «C’erano false tradizioni interpretative che ne distorcevano il senso»
«L’abbiamo provata a Londra qualche giorno fa e nonostante la diriga da nove anni sono rimasto impressionato dall’ultimo movimento». Gianandrea Noseda non si riferisce alla quarta sinfonia di Ciajkovskij, pagina che frequenta da quando era assistente di Gergiev a San Pietroburgo, ma alla London Symphony Orchestra, con cui la esegue stasera nell’appuntamento più atteso di tutto lo Stresa Festival. «Il finale è un vortice rapinoso, per le orchestre è un saggio di virtuosismo; la London non solo la esegue con uno smalto e una perfezione tecnica assoluta, non solo sfoggia infinite sfumature nel pianissimo come nel fortissimo, ma ottiene tutto ciò con signorile nonchalance: impressionante».
Le stesse qualità con cui la corazzata britannica aveva esaltato la Scala e il Regio inaugurando l’edizione 2016 di MiTo, sempre con Noseda sul podio: «La considero tra le due, tre migliori formazioni al mondo. Qualcun’altra riesce a regalare serate di pari livello, ma per la London è lo standard abituale. Tengono al loro blasone, d’altronde qui gli orchestrali sono gli “azionisti”, sono loro a nominare il management e a sostituirlo se non piace; lo stesso fanno con i direttori: si sono legati ad Abbado, Haitink, Davis, negli ultimi anni a Gergiev, sono bravissimi ma chiedono a chi sta sul podio di aprire loro nuove prospettive, pronti a seguirlo». Hanno deciso di farlo anche con Noseda, che ne è il direttore principale ospite: «Ho cercato di togliere un po’ di polvere dalla Quarta: ci sono false tradizioni interpretative che ne distorcono il senso, io cerco di attenermi al pentagramma. Dopo la fanfara iniziale, nonostante Ciajkovskij prescriva “a tempo di valzer”, quasi tutti indugiano sulla prima nota; L’orchestra «È una delle migliori del mondo. Chiede ai direttori di aprire nuove prospettive» ma così si sta fermi, il ballo non parte. La ripresa poi viene spesso eseguita allo stesso ritmo, mentre dal valzer si passa all’Allegro, che accentua la tensione voluta dall’autore».
Noseda chiuderà il Festival di cui è direttore artistico venerdì con l’altra «sua» orchestra, quella del teatro Regio di Torino dove è direttore musicale. Nella locandina campeggia ancora un russo, Shostakovich, col primo concerto per violoncello; solista Enrico Dindo: «L’abbiamo inciso insieme, l’ultima volta l’abbiamo affrontato tre anni fa; sono curioso di vedere che cosa ci dice oggi questo capolavoro».
Nella seconda parte spazio alla «Pastorale» di Beethoven, sinfonia celeberrima «ma che grazie alle esecuzioni filologiche ha già perso la polvere depositata da certa tradizione: per merito dei Gardiner e degli Harnoncourt la visione di Beethoven come di Mozart o Bach s’è molto svecchiata». Con l’orchestra del Regio la suonerà anche a MiTo, mercoledì, con la «Moldava»: «Brano splendido che unisce la fantasmagoria dei colori alla classicità dell’architettura; Smetana riesce a far scorrere l’acqua lungo il pentagramma».