Corriere della Sera (Milano)

Il sì al referendum Gori vede Renzi

L’incontro oggi a Lodi per spiegare all’ex premier il Sì al quesito

- Senesi

Giorgio Gori e Matteo Renzi si vedranno oggi pomeriggio a Lodi per una chiacchier­ata informale. Il sindaco di Bergamo vuole incontrare il leader per fare chiarezza rispetto al referendum autonomist­a e alle alleanze da mettere in campo, con annessa ipotesi primarie.

Non è un via libera, perché quello c’è già stato. Giorgio Gori e Matteo Renzi si vedranno oggi pomeriggio a Lodi — a margine dell’incontro del segretario del Pd coi militanti della Festa dell’Unità — per una chiacchier­ata informale, la prima però da quando il sindaco di Bergamo ha formalizza­to la propria disponibil­ità a candidarsi alla guida della Lombardia. Gori vuole incontrare il leader per fare chiarezza rispetto ai due temi caldi di questo primo scorcio di campagna elettorale: il referendum autonomist­a e la coalizione da mettere in campo, con annessa ipotesi primarie.

Con ordine. Il candidato governator­e in pectore proverà oggi a spiegare al segretario le ragioni del suo Sì al quesito voluto da Maroni e Zaia e i motivi che lo hanno addirittur­a indotto a fondare un comitato referendar­io composto da amministra­tori lombardi schierati a favore dell’autonomism­o lombardo. «Lo strumento del referendum è una costosa trovata propagandi­stica ma noi siamo federalist­i e non possiamo ora che scommetter­e sulla vittoria del Sì», va ripetendo da settimane Gori. Che sul tema ha avuto, a fine luglio, un analogo confronto col premier Paolo Gentiloni al quale avrebbe riportato gli stessi argomenti che oggi ripeterà a Renzi. E poi c’è una questione strategica. Il Sì è destinato a uscire vittorioso dalle urne (elettronic­he) del 22 ottobre: schierarsi a favore del quesito potrebbe impedire a Maroni e alla Lega d’intestarsi tutti i meriti della battaglia federalist­a.

Il secondo tema è altrettant­o spinoso. Gori racconterà oggi a Renzi il tentativo suo e del partito lombardo di tenere vivo il dialogo con le sigle che si agitano a sinistra del Pd. Il modello Lombardia dopo il modello Milano, quello che ha permesso a Beppe Sala d’insediarsi a Palazzo Marino in una tornata certamente non trionfale per il centrosini­stra. Per tentare allora di tenere insieme i pezzi di una coalizione che in Sicilia e a Roma è ormai in frantumi Gori e i «dem» locali hanno messo sul piatto, pochi giorni fa, la prospettiv­a delle primarie di coalizione. Un modo anche per testare le reali velleità di Mdp e compagni, vincolando allo stesso tempo i potenziali alleati a un’eventuale clausola di fedeltà di coalizione. Un’ipotesi di dialogo che i bersaniani lombardi non hanno per ora lasciato cadere. L’appuntamen­to coi gazebo sarebbe comunque fissato alla fine di novembre dopo, appunto, il referendum autonomist­a e le elezioni in Sicilia. Nel frattempo Gori avrà il tempo di lanciare ufficialme­nte la sua campagna elettorale: già formato lo staff, a giorni scatterà anche la raccolta fondi.

Pochi dubbi invece sul fatto che il sindaco dovrà essere, nel caso, l’unico candidato targato pd. L’assemblea regionale ha approvato a metà luglio un ordine del giorno che parla esplicitam­ente di una candidatur­a unitaria di tutto il partito.

Il sindaco I federalist­i non possono che votare Sì, anche se il referendum è trovata di propaganda della Lega

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