«Io, Ironman ai Mondiali Nuoto, pedalo e corro in memoria di Thomas»
I traguardi di Raffaele Gerbi dopo la malattia del figlio
L’aereo di Raffaele Gerbi per gli States decolla giovedì. Lì lo aspetta la finale mondiale del circuito Ironman, 70,3 miglia da percorrere in bici, a nuoto e correndo. Domenica prossima a Chattanooga, nel Tennessee, cercherà di raggiungere il traguardo in meno di cinque ore. Ma la sfida di questo manager 47enne di Paullo parte da lontano. Nell’estate del 2008 lui e la moglie Daniela perdono il figlio Thomas per un tumore a soli 3 anni e mezzo. «Abbiamo scoperto la malattia quando ne aveva due — racconta Raffaele —, un neuroblastoma». Da lì inizia subito il percorso di cura all’Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Le chemioterapie sembrano funzionare in un primo momento, poi un’infezione rallenta l’effetto, il tumore attacca il midollo spinale. Thomas si indebolisce sempre più, non è possibile operarlo. Il morbo si espande nel suo corpo, lo divora, e a luglio del 2008 il bambino muore. È in questo momento che inizia la carriera sportiva del papà. «Ero debilitato, stravolto dopo tutto quel tempo passato in ospedale — continua —. Un medico conosciuto in corsia mi ha spinto ad allenarmi con lui per un gara di triathlon all’isola d’Elba. Mi ha detto che mi avrebbe aiutato a sopportare il dolore». Raffaele, che in passato ha giocato solo a calcio, passa ore ed ore sui pedali, in acqua e sulla pista da corsa. «Da subito mi è piaciuto il clima che si creava nelle competizioni — spiega —, mi è sembrato un ambiente sano e ho deciso di proseguire. Nella gara trovo stimoli per superare la sofferenza, nella fatica estrema e all’arrivo mi sento più vicino a Thomas».
Il 18 giugno scorso si è guadagnato la qualificazione ai mondiali a Pescara. Negli Stati Uniti, il 10 settembre, gareggerà con altri quattro compagni di squadra della Raschiani Triathlon Pavese. Sono 4 mila gli iscritti da tutto il mondo. «Il mio obiettivo è non superare le cinque ore — dice l’atleta —. In realtà non pensavo nemmeno di riuscire a passare le qualifiche». Il manager di Paullo infatti deve ritagliarsi il tempo per l’allenamento tra gli impegni di lavoro (è responsabile dell’e-business di una importante multinazionale, la Mapei) e quelli della famiglia, che intanto è cresciuta. C’è la piccola Allegra, di soli 8 mesi e Christian, nato nel 2009. «Era passato pochissimo dalla morte di Thomas — racconta il papà —. Ogni mattina andavo al cimitero a trovarlo. Un giorno vedo delle viole, già secche, lasciate da non so chi». Daniela,
la moglie, prova comunque a metterle in un vaso e il mazzetto rifiorisce quasi per miracolo. «L’ho sentito come un invito di Thomas alla rinascita», dice Raffaele. Da lì a nove mesi il fiocco azzurro di Christian. Dal padre ha ereditato la passione per il triathlon e parteciperà alla competizione di Chattanooga nella sezione «kids». Daniela in America invece farà il tifo per i due sportivi di famiglia con Allegra in braccio.
Ai Mondiali di Ironman di Raffaele si lega anche la raccolta fondi benefica per «Una onlus», associazione nata nel 2008. Raffaele racconta di averla fondata con la moglie «e altri quattro genitori passati attraverso la malattia dei figli». Per il nome «abbiamo scelto l’avverbio latino una, che vuole dire insieme, una cosa sola». L’obiettivo è finanziare la ricerca sui tumori pediatrici e portare un sorriso ai più piccoli ricoverati nei reparti in oncologia. Spiega il manager: «Proviamo a esaudire i loro desideri, portiamo i bambini a incontrare i calciatori. Quando sono troppo malati, invitiamo i campioni in ospedale. Abbiamo iniziato con attività all’Istituto, poi ci siamo allargati. Ora siamo aperti a tutte le collaborazioni». Ad esempio, quella con la piattaforma di fundraising «La rete del dono» (retedeldono.it). In vista della gara statunitense «ho chiesto ad amici, colleghi, conoscenti e chiunque voglia di donare quello che possono per poi destinare tutto il ricavato a un importante progetto di ricerca immunologica contro il neuroblastoma coordinato dal dottor Roberto Luksch».
L’ultima parte della storia unisce i due fili conduttori della vita di Raffaele, sport e solidarietà. «A febbraio abbiamo fondato una scuola di triathlon e ciclismo per bambini normodotati e per chi ha problemi» racconta l’atleta. Iniziativa che vede dialogare Una onlus e la Raschiani Kids Academy. Gli organizzatori offrono ai piccoli l’opportunità di fare sport gratuitamente, grazie al sostegno di alcuni sponsor. Ad oggi gli iscritti sono più di trenta. E papà Raffaele si augura che presto anche la piccola Allegra inizi a correre. Nel nome di Thomas.