Strumenti esotici e pagine bibliche nel lunedì di MiTo
Leonardo García Alarcón, 41enne pianista e direttore argentino cresciuto musicalmente tra Ginevra e la Francia, ha fondato nel 2005 la Cappella Mediterranea con l’obiettivo programmatico di riscoprire le origini e gli ideali estetici della musica del sud Europa, spaziando dal madrigale all’opera e cercando quei tesori che ancora giacciono nel sommerso dei secoli passati, in particolare il Seicento e il primo Settecento. Un’acribia che l’ha portato a esibirsi con la sua orchestra in templi del concertismo mondiale come la Carnegie Hall di New York, il Concertgebouw di Amsterdam e la viennese Konzerthaus, o a dirigere opere dimenticate ad esempio di Francesco Cavalli, come «Elena» o «Eliogabalo». Non stupisce dunque che il contributo di Alarcón e della Cappella Mediterranea a MiTo sia la riscoperta di una pagina dimenticata, l’oratorio per soli, coro e orchestra composto nel 1682 dal palermitano Michelangelo Falvetti (stasera ore 21, basilica di San Marco, piazza San Marco 2, ingr. lib. tel. 02.87.905). Una pagina grandiosa dove Falvetti, seguendo la narrazione biblica dei quaranta giorni e quaranta notti di pioggia, dà voce non solo a Noè e sua moglie Rad, ma anche ai quattro elementi naturali, alla morte, a Dio e alla sua Giustizia. A intonarli oltre agli otto solisti c’è il coro da camera di Namur, mentre i timbri orchestrali si arricchiscono delle sonorità esotiche di strumenti come lo zarb, l’oud e il darf.