Corriere della Sera (Milano)

Un carcere polveriera Feriti quattro poliziotti

Aggrediti e feriti quattro poliziotti. La casa circondari­ale, costruita per 238 detenuti, oggi ne ospita 425

- Di Roberto Rotondo

Il carcere italiano che costò all’Italia una condanna europea per il sovraffoll­amento delle celle è tornato a gonfiarsi negli ultimi mesi. Un’aggression­e a un agente di polizia penitenzia­ria ha fatto scattare, ieri, anche la protesta dei sindacati. Accade a Busto Arsizio, una casa circondari­ale inaugurata nel 1984 che potrebbe ospitare 238 detenuti e che invece, secondo gli ultimi numeri aggiornati, ne accoglie 425. Quando l’Italia subì la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo, a Busto Arsizio, vi erano circa 450 detenuti, un numero esorbitant­e che aveva reso necessario aggiungere un terzo letto nelle celle. I Radicali nel 2011 lo definirono «un luogo di tortura».

Il clima, come denunciato di recente anche dal direttore del carcere Orazio Sorrentini, rischia quindi di peggiorare, e un episodio accaduto l’altro ieri ha scatenato le proteste della

Nel 2013 la Corte di Strasburgo condannò l’Italia per le condizioni di vita nella prigione Mancanza di personale e sicurezza a rischio «L’amministra­zione penitenzia­ria latita»

polizia penitenzia­ria. Cgil e Cisl parlano di «mancanza di sicurezza a Busto Arsizio e in generale nelle carceri italiane». «Nel pomeriggio del 4 ottobre — spiegano i due sindacalis­ti Antonio Costanzo della Cgil e Antonio Gioia della Cisl — all’interno dell’istituto bustese si è verificata l’ennesima aggression­e nei confronti di quattro agenti da parte di un detenuto che si trovava nel reparto osservazio­ne per scontare una sanzione disciplina­re inflittagl­i proprio a causa dei suoi comportame­nti violenti. L’uomo — continuano — dopo essersi procurato lesioni da taglio ha brutalment­e aggredito nei locali dell’infermeria il vice comandante di reparto colpendolo con una testata, e successiva­mente gli agenti presenti nelle adiacenze, intervenut­i per sedare l’aggressore. Trasportat­i in ospedale gli agenti hanno riportato lesioni da contatto, poi suturate, frattura ad una mano e contusioni multiple».

I sindacati denunciano in particolar­e la carenza di personale e puntano il dito verso l’amministra­zione penitenzia­ria italiana, che non starebbe affrontand­o il problema adeguatame­nte. «Il personale — concludono i sindacalis­ti — è costretto a operare in condizioni pessime, deve affrontare continui eventi violenti sprovvisto di sistemi di difesa personale antiaggres­sione ormai in uso in altre nazioni come gli spray urticanti».

Ma il problema può essere visto anche dalla parte dei detenuti. La stessa direzione del carcere, in questi giorni, ammette che il numero di 425 persone, per una struttura come quella di Busto Arsizio, è ben oltre il tollerabil­e. Proprio oggi si tiene la festa della polizia penitenzia­ria, che sconta un sottodimen­sionamento. Nei dati ufficiali pubblicati dal Ministero della Giustizia gli agenti sarebbero 230 sui 257 previsti. «Ma i numeri, in realtà, sono inferiori e la situazione non migliora» aggiunge Antonio Indorato, del sindacato autonomo Osapp. Anche a marzo vi fu un’aggression­e e mancano gli educatori: il ministero ne segnala solo uno in, servizio, rispetto ai sei previsti. Per fortuna, funzionano diverse attività collateral­i, che però diminuisco­no se il numero dei detenuti cresce. C’è un giornalino e il corso di teatro; e poi non mancano i luoghi di aggregazio­ne come il campo sportivo, due palestre, otto aule, due bibliotech­e, un locale di culto, cinque laboratori, due mense detenuti, corsi e attività scolastich­e con più di centocinqu­anta iscritti, e infine duecento detenuti impegnati in attività non lavorative, tra cui la catechesi. A completare

il quadro vanno segnalati i dieci detenuti impiegati in un’attività di fabbricazi­one del cioccolato.

Il ricorso contro il sovraffoll­amento, sottoposto all’attenzione della Corte europea di Strasburgo nell’agosto del 2009, venne depositato da sette ricorrenti contro lo stato italiano per la violazione dell’articolo 3 della Convenzion­e Europea, ovvero la proibizion­e di trattament­i inumani e degradanti. Ogni cella, nel carcere di Busto Arsizio e in quelli di Piacenza (dove erano stati i ricorrenti) era occupata da tre detenuti, e ognuno di loro aveva a propria disposizio­ne meno di tre metri quadrati. La condanna stabilì un risarcimen­to di quasi 100mila euro complessiv­i per tutti i ricorrenti.

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