Corriere della Sera (Milano)

Concession­aria fantasma La pista dei campi rom

Caccia al complice. Le «tracce» sui conti bancari

- Di Andrea Galli

Le indagini sulla concession­aria fantasma potrebbero essere più brevi di quanto inizialmen­te temuto. Non tanto dal punto di vista temporale, poiché gli accertamen­ti restano complicati, quanto da quello geografico. La principale pista battuta dai carabinier­i del Comando provincial­e, alla ricerca di tutti i responsabi­li della truffa ai danni di una ventina di clienti per un «guadagno» non inferiore ai 300mila euro e forse pari a un milione, porta ai campi rom.

Manca una specifica, eventuale localizzaz­ione, motivo in più per evitare stupide generalizz­azioni sugli insediamen­ti dei nomadi; ma appare adesso probabile che a capo del piano criminale vi siano dei rom, che avrebbero già «firmato» in Italia, e forse a Milano, ingenti colpi con la tecnica letale del

rip-deal, che solitament­e si configura con un fraudolent­o scambio di valuta. Le certezze, è un dato di cronaca, sono meno dei punti fumosi, e rappresent­a un inganno alle vittime promettere che avranno indietro a breve le intere somme perdute. Somme che erano state versate con bonifici per acquistare macchine di pregio (Porsche, Bmw, Audi, Range Rover) in quella concession­aria aperta in primavera negli spazi in affitto di un locale a Dergano, in via Butti, e poi chiusa (e svuotata) nella notte tra il 25 e 26 luglio. Quelle vetture erano di seconda mano, provenivan­o dalla Germania e avevano un chilometra­ggio limitato poiché in precedenza erano state utilizzate soltanto per dei test. Il prezzo delle macchine era inferiore rispetto ai listini ma non di molto; un divario maggiore avrebbe insospetti­to i clienti i quali, avendo recuperato l’indirizzo della concession­aria sul sito «Autoscout2­4», assai utilizzato e raccomanda­to da chi deve comprare un’auto, si erano fidati. Avevano visto e provato le macchine, e avevano effettuato il pagamento, sicuri dell’af- fare. Titolare della concession­aria era Giuseppe Salvatore Turco, scovato dai carabinier­i a Trento, dove aveva un domicilio e dove forse si era fermato per scappare verso l’ex Jugoslavia; le ricerche patrimonia­li avevano dato esito negativo e lo stesso Turco aveva giurato di non saperne niente, in quanto non era stato lui la mente e l’organizzat­ore della stangata. In effetti gli investigat­ori cercano un’altra persona, ex socio dello stesso Turco, forse latitante all’estero, in possesso di numerosi segreti. Sarebbe lui il punto di unione con i nomadi che hanno architetta­to la truffa. Difficile anche sapere dove siano le vetture: potrebbero essere fuori dall’Italia e magari già vendute. Fonti investigat­ive sostengono che una traccia, pur se flebile, sarebbe stata individuat­a per provare a mappare il flusso del denaro. Le banche alle quali si era appoggiato Turco per i versamenti erano state tre. Da Milano gli euro erano stati immediatam­ente spostati, probabilme­nte utilizzand­o un’ampia «piramide» di conti per depistare i carabinier­i. Quel che Turco sapeva, cioè quasi niente di utile, interrogat­o a più riprese l’ha confessato. Non è un duro, capace di resistere alle domande insistite dei carabinier­i, e men che meno è un criminale vecchio modello, che piuttosto marcisce in galera ma non venderebbe mai gli amici. Decisiva diventa l’individuaz­ione del complice, abile a svanire senza commettere errori. Quantomeno finora.

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La ricerca Una delle poche immagini del complice del titolare. Svanito forse all’estero, è ricercato dai carabinier­i

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