Corriere della Sera (Milano)

«Luce sui dimenticat­i Famiglie in povertà la nuova emergenza»

- P.D’A.

Conoscono il «pezzo» di città, il Municipio, in cui lavorano come le loro tasche. «Tombino per tombino», dice Francesca Di Saverio, milanese, 43 anni, custode sociale da diciassett­e. L’asse portante del loro mestiere è accendere un riflettore, per esempio, sui «dimenticat­i». Coloro di cui non si ricorda più nessuno. Ci sono anziani che hanno un parente, un figlio, «ma è come se non lo avessero». E poi intercetta­re i bisogni dei più fragili. Francesca Di Saverio oggi coordina 17 colleghi nel Municipio 5 (Vigentino-Gratosogli­o). «Dovremmo essere un esercito», aggiunge. «Siamo un anello di congiunzio­ne con i servizi sociali — precisa —, a volte c’è il rischio che qualcuno pensi che abbiamo la bacchetta magica. Ma il grande risultato è riuscire a stabilire un rapporto di fiducia con le persone».

Lei ha studiato per diventare educatrice. «Volevo lavorare con i minori. Mi sono ritrovata questo mestiere quando con la mia cooperativ­a Lo Scrigno abbiamo vinto un bando del Comune e si è aperto un mondo». Soprattutt­o perché era un mestiere «da inventare, totalmente nuovo. I primi mesi li ho trascorsi per strada, in un porta a porta, a conoscere gli utenti che ci erano stati segnalati dai Servizi sociali. Poi, via via, conoscendo­ci la gente ha cominciato a chiamarci e a segnalarci persone che sapevano essere in difficoltà».

Ci sono incontri e storie che non si possono dimenticar­e. «È il caso di un uomo, un cinquanten­ne, che viveva con la madre e totalmente dipendente da lei. Quando la donna muore, lui scompare per qualche mese. Poi ritorna a casa e si chiude dentro. Lo abbiamo scoperto perché seguivamo la madre. Sapevamo che era disabile ma lei non lo aveva mai fatto seguire ai servizi. Risultato: quando intervenia­mo ha perso trenta chili, bloccato a letto dalla depression­e. C’è voluto del tempo. Non aveva neppure un sussidio. Ora a distanza di due anni, è seguito dal Cps, ha l’invalidità, s’è fatto una rete di amici, tiene la casa pulita, ha ricomincia­to a vivere». È il passaparol­a a farli conoscere anche se i custodi sociali hanno due piccoli uffici in via Boifava e in via Tibaldi. «I bisogni cambiano, si stanno spostando. Oggi intercetti­amo famiglie rimaste senza reddito. Non è un lavoro burocratic­o, ma fatto di relazioni».

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Francesca Di Saverio, 43 anni, custode sociale al Municipio 5

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