Mezzo secolo di rock sinfonico
Stasera al Dal Verme lo storico gruppo di musica progressiva Procul Harum
Esattamente mezzo secolo fa, nel 1967, una band inglese dedita al rock sinfonico colpì l’immaginario collettivo con un brano ispirato alla «Suite n.3» di Bach. Quel gruppo si chiamava Procol Harum, mentre la canzone si intitolava «A Whiter Shade of Pale», uno dei singoli più venduti di sempre. Un successo planetario, come i loro successivi «Homburg» e «Salty dog», preceduto in Italia dalla versione tradotta da Mogol intitolata «Senza luce» e interpretata dai Dik Dik. Una hit che aprì all’era del progressive. Questa band leggendaria sta festeggiando i 50 anni con un nuovo album, «Novum», e un tour che approda stasera al Dal Verme (via San Giovanni sul Muro 2, ore 21, 35/69). Unico superstite del nucleo originario è Gary Brooker, 72enne pianista e cantante dall’inconfondibile voce.
Poche band possono celebrare 50 anni di carriera. Qual è il vostro segreto?
«Siamo sempre stati fedeli a noi stessi e non abbiamo seguito le mode del momento. La longevità ce l’hanno data le nostre canzoni. L’entusiasmo invece ci viene dato dai fan, anche quelli più giovani, che ci stimolano a continuare»
Insomma, non vi sentite dei sopravvissuti della grande epoca rock?
«Molte rockstar di quei tempi gloriosi sono scomparse a causa di abusi di droghe e alcol. Noi non siamo mai andati sul palco ubriachi»
Il vostro nuovo album «Novum», segna una nuova vita?
«Questa formazione suona insieme da più di dieci anni, cosi abbiamo pensato che era il momento di passare dal palco alla sala di registrazione».
Si può dire che siete stati gli inventori del progressive?
«Certo che si può. Quando abbiamo iniziato il termine progressive non esisteva ancora. Siamo stati i primi, insieme a Keith Emerson, ad avere l’intuizione di passare dalla forma canzone alla suite, contaminando la melodia con brani classici e timbri d’organo».
Com’è cambiata la musica dagli anni 60?
«Quel decennio è stato l’inizio di un’era che è finita. C’era molto entusiasmo, libertà, voglia di sperimentare. Tutte cose che ora non ci sono più».