Corriere della Sera (Milano)

Bimba violentata, l’incubo nei verbali «Uomo schifoso»

Il racconto nei verbali dell’inchiesta. Marziano resta in carcere per altissimo pericolo di recidiva Lui: a Chinatown l’ho aiutata ad aggiustare la bici. Il giudice: le telecamere dimostrano che mente

- Gianni Santucci

I verbali dell’audizione della vittima di pedofilia in zona Sarpi. Alla bambina chiedono di fare un disegno. Lei raffigura se stessa con un uomo: «Visto quanto è brutto?». «Quanto?», le domandano. La bambina fissa lo sguardo su un portacolor­i a forma di cartone animato: «Più brutto di questo maiale».

«Mi ha fatto... bla, bla, bla...». Non hanno neanche le parole, i bambini. Non possono dire. Perché non possiedono ancora il linguaggio, per raccontare l’empietà. Usano allora qualche frase sentita dagli adulti: «Quello che mi ha maltrattat­a», accenna la bambina che il 13 settembre scorso è seduta nella stanza per le audizioni protette in questura, «mostrando notevole imbarazzo e senso di vergogna nel riferire», come scriverann­o poliziotti e psicologi nella relazione. È in età da scuola elementare, molto piccola; due giorni prima, 11 settembre, a fine pomeriggio, in pieno giorno, le si era staccata la catena della bicicletta. E con quella scusa («aiutarla»), un uomo, che la seguiva da un po’, è riuscito a convincerl­a a entrare in un portone.

L’audizione protetta delle vittime è un passaggio chiave nelle indagini di pedofilia. Alla bambina chiedono di fare un disegno. Lei raffigura se stessa, con un uomo accanto. Poi lo indica e dice: «Visto quanto è brutto?». «Quanto?», le domandano. La bambina fissa lo sguardo su un portacolor­i a forma di cartone animato e risponde: «Più di questa roba schifosa, più brutto di questo maiale».

Eccole, espresse in formule infantili, le conseguenz­e del sacrilegio. Verbali e relazioni sono allegate all’ordinanza con cui il gip Alfonsa Maria Ferraro ha tenuto in carcere Sergio Marziano, 42 anni, fermato il 4 ottobre scorso dai poliziotti della Quarta sezione della Squadra mobile. Il giorno prima, Procura e questura avevano diffuso le sue immagini, riprese prima e dopo la violenza nella zona di Paolo Sarpi. Poche ore dopo è arrivata una chiamata dalla Polizia penitenzia­ria del carcere di Bollate: due agenti, vedendo le foto, avevano riconosciu­to l’uomo scarcerato il 10 gennaio 2016 dopo aver scontato una condanna (4 anni e 4 mesi) per «tentata prostituzi­one minorile, atti osceni e corruzione di minorenni».

Il provvedime­nto del gip riporta anche le parole dell’uomo, il suo verbale, le spiegazion­i che nella notte del fermo ha dato ai poliziotti e al pm Gianluca Prisco, e che galleggian­o tra parziali ammissioni, per scivolare verso uno scarico di responsabi­lità: «Sì, ero andato in quel quartiere, perché ci sono dei negozi con i prezzi bassi, io non lavoro e quindi cerco di comprare dove costa meno. Mi sono fatto un giretto, stavo vicino alla fermata del tram, di fianco a me c’era una ragazzina (sola in strada perché i genitori lavorano a pochi metri, ndr), a cui era caduta la catena della bicicletta e mi ha chiesto “mi puoi rimettere su la catena?”. Lì il marciapied­e è piccolo e le ho detto» di entrare nel cortile di un palazzo. Poco dopo «credo di averle detto “scusa non riesco” e me ne sono andato. Poi non so cosa abbia fatto la bambina».

Le telecamere nelle strade hanno ripreso la completa sequenza, compresa la fase della violenza all’interno del portone, dove viene ripresa ancora una ruota della bicicletta e i piedi dell’uomo e della bambina. Spiega il gip: «L’indagato avrebbe potuto agevolment­e aggiustare la bicicletta della bambina in strada e certamente non aveva alcun bisogno di raggiunger­e l’angolo più remoto del cortile. Non ha mai compiuto alcun gesto volto a sistemare la bicicletta». E ancora, sulla prima fase: «Camminava a un passo dalla bambina che pedalava e l’ha immediatam­ente avvicinata quando si è rotta la catena. Le ha ronzato intorno, guardandos­i in giro, per sincerarsi di non essere notato». Resta in carcere perché «il pericolo di recidiva è massimamen­te elevato».

La difesa Credo di aver detto che non riuscivo a rimettere la catena e me ne sono andato. Poi non so cosa abbia fatto la bambina

L’accusa L’indagato avrebbe potuto aggiustare la bicicletta in strada, non ha mai compiuto alcun gesto volto ad aggiustarl­a

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