Martina e il referendum: uno spreco, non voterò
«Non andrò a votare. Il referendum è inutile, uno spreco di denaro». Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, si aggiunge alla lista dei dirigenti del Pd lombardo che il 22 ottobre si asterranno. La decisione, coerente con le prese di posizione degli ultimi mesi da parte di Martina, segnala però la distanza tra una consistente fetta del partito e il candidato dem alla Regione. Giorgio Gori si sta spendendo nella campagna per il Sì, con lui un gruppo di sindaci di centrosinistra, a partire da Beppe Sala, mentre sono in tanti a segnalare l’insofferenza di iscritti e simpatizzanti del Pd per la consultazione indetta da Roberto Maroni. Gori non si scompone davanti all’astensione di Martina: «Non c’è alcuna spaccatura. Ero a Castellanza per un incontro sul referendum, c’erano 300 persone, nessuno mi ha detto che sbaglio o che porto l’acqua al mulino della Lega». Lo sguardo è rivolto all’esterno del partito. Difficile, secondo il sindaco di Bergamo, presentarsi con una posizione ostile all’autonomia, per un candidato che deve cercare voti fuori dal bacino del centrosinistra. Chi fa un altro lavoro, come Martina, oppure il segretario lombardo Alessandro Alfieri, vede invece nel referendum un puro strumento elettorale per il governatore uscente. «La strada giusta per ricercare spazi di autonomia — dice Martina — è quella intrapresa dall’Emilia-Romagna. In Lombardia invece si legano al referendum aspettative insensate». Il ministro ribadisce su Facebook il concetto, provocando la reazione di Maroni: «A certi sinistri un po’ fighetti proprio non piace dare la parola al popolo sovrano», scrive il governatore. «Rispondere così è solo sinonimo di grande difficoltà», controreplica il ministro. Il referendum per altro complica le relazioni tra Gori e i potenziali alleati di sinistra, tra cui Mdp che ieri è tornato sul nodo primarie, «indispensabili per poter partecipare alla coalizione». A condizione, però, che anche Giuliano Pisapia le richieda e lavori per un candidato da opporre a Gori. Una matassa molto intricata, anche per l’ex sindaco di Milano.