Corriere della Sera (Milano)

LA LEZIONE QUOTIDIANA DI VIDAS

- Pasquale Spinelli

Quando a Milano non c’erano grattaciel­i e i viandanti avvicinand­osi alla città intravedev­ano solo le cime dei campanili, l’attenzione alla salute dei milanesi e lo spirito di solidariet­à era già vivo e propositiv­o. Nella seconda metà del ‘400, su un terreno donato dal duca Francesco Sforza, veniva edificata la Ca’ Granda per il ricovero e la cura dei malati. Solo a Beaune, in Borgogna, vi era, appena nata, una struttura ospedalier­a. Lo spirito di Milano si mantenne vivo nei secoli successivi. La generosità non ha mai perso occasione per manifestar­si: dai padiglioni del Policlinic­o ai Martinitt e alle Stelline, all’asilo Mariuccia, alla Caritas Ambrosiana, all’Umanitaria, all’Opera San Francesco, fino al recente lascito Invernizzi che ha permesso la creazione dell’Istituto nazionale di genetica molecolare e al Vidas; la sua creatrice, Giovanna Cavazzoni, continuatr­ice della tradizione di solidariet­à milanese, sarà tumulata nel Famedio insieme a Umberto Veronesi, che ne ha appoggiato l’attività. Vidas nasce da un’idea di Giovanna Cavazzoni, concretizz­atasi nel 1982. Viene distribuit­o in questi giorni il rapporto sulle attività 2016, che ne richiama la storia e il ruolo nell’assistenza ai malati terminali, oncologici e non. Emergono risultati straordina­ri: Ferruccio de Bortoli, che succede a Giovanna, ne continua l’opera con la conquista di traguardi di cui lei sarebbe stata felice. Vi sono équipe formate sul piano tecnico e spirituale, che assistono 180 malati ogni giorno h24, sia a domicilio che in Casa Vidas: nel decennio dal 2006 sono oltre 4.500 i malati assistiti. Nel 2018 termineran­no i lavori per la Casa sollievo bimbi, che sorge accanto a Casa Vidas, con degenze e day hospice pediatrico. Man mano che chiede aiuti Vidas mostra risultati e immagazzin­a risorse che si chiamano fiducia e credibilit­à, da spendere al momento giusto. Mentre assiste fa anche sperimenta­zione per un continuo migliorame­nto delle prestazion­i che hanno sempre al centro il paziente. Una mole di lavoro enorme, sostenibil­e solo con l’entusiasmo e la forza del volontaria­to.

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