Corriere della Sera (Milano)

Tra il museo Ala Ponzone, il Duomo e il Palazzo Comunale una mostra celebra il più importante pittore del barocco cittadino

- Francesca Bonazzoli

Era la sorte dei «foresti» che si trasferiva­no a vivere in una nuova città: venire «ribattezza­ti» col nome del luogo d’origine. Toccò anche a Luigi Miradori, detto il Genovesino perché, come precisava nella sua stessa firma «januensis», era nato a Genova forse nel 1605. Nella città della Lanterna completò la formazione artistica, ma già nel 1632 lo troviamo nella Piacenza dei Farnese, città che non gli portò alcuna fortuna visto che in soli tre anni fu colpito da una catena di gravissimi lutti familiari e non rimediò nemmeno le committenz­e in cui sperava. Gli bastò però spostarsi di soli 40 chilometri a est, a Cremona, per trovare finalmente il suo luogo d’elezione. Nel dicembre del 1639, acquista una casa nella contrada di San Clemente in Gonzaga, dietro il Duomo, e risulta ben inserito fra i notabili locali. I suoi dipinti compaiono sugli altari delle chiese e nelle collezioni delle famiglie patrizie così numerosi che da Cremona il Genovesino non si sposterà più e per vent’anni, fino alla morte avvenuta nel 1656, diventerà il protagonis­ta incontrast­ato della pittura barocca locale.

Ora la città gli dedica una mostra di 50 dipinti distribuit­i in un breve itinerario fra il museo Ala Ponzone, la magnifica Cattedrale e il palazzo del Comune dove si può ammirare il telero con la «Moltiplica­zione dei pani e dei pesci», la principale commission­e pubblica ricevuta dal Genovesino. L’occasione offre la possibilit­à di presentare i risultati dei nuovi studi sul pittore di cui fu capostipit­e una grande storica dell’arte cremonese: Mina Gregori che dedicò al Genovesino la tesi di laurea discussa a Bologna nel 1949 con Roberto Longhi. Curata da Francesco Frangi, Valerio Guazzoni e Marco Tanzi, la mostra raccoglie pale d’altare provenient­i dalle chiese lombarde e tele da musei e collezioni private che riflettono la varietà dello stile e dei soggetti frequentat­i dall’artista consapevol­e della sua indole non convenzion­ale tanto da firmare due opere con la formula «gioco di pennelli di Luigi Miradori». Una di queste è «Il riposo durante la fuga in Egitto», terminata nel 1651 per la chiesa di Sant’Imerio. Un dipinto che, secondo l’entusiasti­co parere di Vittorio Sgarbi, non teme il confronto «Con il più bel Riposo della storia dell’arte, quello di Caravaggio alla Galleria Doria Pamphilj», in questi giorni peraltro visibile nella mostra di Palazzo Reale a Milano. Fra le opere di soggetto profano, invece, sono numerose le «Vanitas», con putti addormenta­ti accanto a teschi, e i ritratti, il più noto e superbo dei quali riproduce il piccolo erede di una delle principali famiglie cremonesi protettric­e del Genovesino: Sigismodo Ponzone con il cane. Un’altra figura fondamenta­le fu il governator­e e castellano spagnolo don Alvaro de Quiñones, che prese il Miradori sotto la sua protezione conferendo­gli uno stipendio nonché una carrozza con lo staffiere.

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La mostra «Il Genovesino. Natura e invenzione nella pittura del Seicento a Cremona» raccoglie 50 opere dell’artista barocco nato a...
Stili e soggetti La «Moltiplica­zione dei pani e dei pesci» e sotto il ritratto di Sigismondo Ponzone del Genovesino La mostra «Il Genovesino. Natura e invenzione nella pittura del Seicento a Cremona» raccoglie 50 opere dell’artista barocco nato a...
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