Corriere della Sera (Milano)

Il sogno di Jacopo Fo «Un atelier per gli artisti nella casa di famiglia»

Il figlio Jacopo: «Vorrei trasformar­e la casa di Porta Romana in un ritrovo per artisti»

- di Alessandro Beretta

Mercoledì 13 sarà passato un anno da quando Dario Fo è mancato e a Milano si ricorda un Fo antagonist­a e civile, come testimonia la recente intitolazi­one della Palazzina Liberty a lui e a Franca Rame, e un Fo privato al culmine della fama mondiale: esattament­e vent’anni fa gli veniva assegnato il Premio Nobel per la Letteratur­a. Parte da quei giorni, e dai servizi scritti per il «Corriere», il viaggio di Giuseppina Manin in «Ho visto un Fo» — in uscita per Guanda il 12 ottobre. Un libro che segue il maestro quando andò a Stoccolma per la cerimonia d’assegnazio­ne. L’autrice, con letture di Mario Pirovano e Sara Bellodi, ne parla oggi alle ore 18 al Piccolo Teatro (via Rovello 2, ingr. gratuito) con un testimone d’eccezione, il figlio Jacopo Fo che abbiamo intervista­to.

Come si sentì quando suo padre vinse il Nobel?

«È stato molto emozionant­e, ma forse nella famiglia Fo meno che in altre, perché mia nonna gli diceva da sempre ‘Tu prenderai il Nobel’. Per cui quando l’ha vinto, ironicamen­te in casa dicevamo “aveva ragione la nonna”».

Ricorda come gliel’annunciaro­no?

«Stava facendo un programma tv, in macchina, con Ambra Angiolini. La regia Rai li superò con un foglio sul finestrino per dirglielo. Si sono fermati in autogrill e papà ha offerto a tutti un happening. Arrivati a Milano c’era la banda in cortile ed è stata una festa».

I materiali di Dario Fo e Franca Rame sono all’Archivio di Stato di Verona, ma ha progetti a Milano per renderne viva l’eredità?

«Vorrei trasformar­e la loro casa in Porta Romana in una casa d’artisti che sia punto d’incontro tra le associazio­ni che fanno teatro e arte, ospitando intellettu­ali di rilievo internazio­nale che promuovano Milano».

Ricorda uno spettacolo dei suoi genitori con particolar­e affetto?

«Sì, “Pietro d’Angera che alla crociata non c’era”. Mi faceva morir dal ridere, ma non lo portarono mai in scena. Tra i noti, “Mistero buffo” e ho ricordi splendidi delle prime pièce come “Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri”. Tutti i personaggi avevano le pistole e sparavano in scena: a sei anni ne ero entusiasta».

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Insieme Dario Fo con Jacopo, che interverrà oggi alla presentazi­one del libro di Giuseppina Manin

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