Corriere della Sera (Milano)

Dodici anni di carcere per l’omicidio con la katana

- Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it

Aveva giurato in lacrime, immediatam­ente, che non voleva uccidere il fidanzato. Si era disperata per quella spada giapponese che gli aveva lanciato contro in un accesso d’ira e che si era conficcata in una gamba dell’uomo facendolo morire dissanguat­o prima dell’arrivo dei soccorsi che lei stessa aveva chiamato. I giudici della Corte d’assise di Milano le hanno creduto e ieri Valentina Azzali è stata condannata a 12 anni di carcere. Sia l’accusa sia la difesa avevano sostenuto la tesi dell’omicidio preterinte­nzionale, cioè che la donna, impiegata di 44 anni, non voleva uccidere l’uomo, Mauro Sorboli, 40 anni, e che la morte era andata oltre le sue intenzioni, ma hanno ridotto di due anni la richiesta di condanna del pm Sara Arduini. Da un anno la coppia trascorrev­a una convivenza burrascosa. Il 20 marzo 2016 l’ennesima lite, l’ultima. Sorboli era al tavolo per il pranzo mentre Valentina Aguzzi dormiva in una stanza del piccolo appartamen­to al terzo piano di via Filippo Carcano, 5. Quando la donna aveva chiesto se in tavola c’era qualcosa anche per lei, il «no» della risposta aveva dato il via a un litigio andato avanti tra le urla finché la donna non ha impugnato la katana esposta su un mobile minacciand­o di uccidersi. L’uomo, secondo il racconto di Valentina Aguzzi, non si sarebbe curato del gesto e sarebbe andato a letto. Un atteggiame­nto che aveva fatto perdere il controllo alla sua convivente, spingendol­a a lanciare la spada senza poter immaginare che si sarebbe conficcata in una coscia recidendo l’arteria femorale.

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Alla sbarra Valentina Azzali, 44 anni

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