Dodici anni di carcere per l’omicidio con la katana
Aveva giurato in lacrime, immediatamente, che non voleva uccidere il fidanzato. Si era disperata per quella spada giapponese che gli aveva lanciato contro in un accesso d’ira e che si era conficcata in una gamba dell’uomo facendolo morire dissanguato prima dell’arrivo dei soccorsi che lei stessa aveva chiamato. I giudici della Corte d’assise di Milano le hanno creduto e ieri Valentina Azzali è stata condannata a 12 anni di carcere. Sia l’accusa sia la difesa avevano sostenuto la tesi dell’omicidio preterintenzionale, cioè che la donna, impiegata di 44 anni, non voleva uccidere l’uomo, Mauro Sorboli, 40 anni, e che la morte era andata oltre le sue intenzioni, ma hanno ridotto di due anni la richiesta di condanna del pm Sara Arduini. Da un anno la coppia trascorreva una convivenza burrascosa. Il 20 marzo 2016 l’ennesima lite, l’ultima. Sorboli era al tavolo per il pranzo mentre Valentina Aguzzi dormiva in una stanza del piccolo appartamento al terzo piano di via Filippo Carcano, 5. Quando la donna aveva chiesto se in tavola c’era qualcosa anche per lei, il «no» della risposta aveva dato il via a un litigio andato avanti tra le urla finché la donna non ha impugnato la katana esposta su un mobile minacciando di uccidersi. L’uomo, secondo il racconto di Valentina Aguzzi, non si sarebbe curato del gesto e sarebbe andato a letto. Un atteggiamento che aveva fatto perdere il controllo alla sua convivente, spingendola a lanciare la spada senza poter immaginare che si sarebbe conficcata in una coscia recidendo l’arteria femorale.