Corriere della Sera (Milano)

Il continuo «usa e getta» dei collant Alternativ­e sostenibil­i e marchi virtuosi

- Valeria Balboni

Anche se il loro numero sta aumentando, sono poche le donne che non usano i collant. Dato poi che si rompono facilmente, ogni anno nel mondo ne vengono prodotti, usati e gettati miliardi. Il nylon dei collant, come le altre fibre sintetiche, è prodotto a partire dal petrolio e non si può riciclare, quindi finisce nei rifiuti indifferen­ziati e viene bruciato. I materiali di questo tipo sono poco «ecologici» anche perché, se non sono smaltiti correttame­nte, vanno ad aumentare la massa di rifiuti plastici che raggiunge i mari e, ridotta in frammenti microscopi­ci, può essere ingerita dalla fauna marina. La ditta italiana H-earth propone biancheria, abbigliame­nto sportivo e collant in biopolimer­i ricavati da amido di mais e cellulosa del legno, ma anche da bambù, eucalipto e ricino. Fibre che coniugano risparmio energetico e rispetto per l’ambiente con la salute della pelle. I collant, in diversi colori, sono piuttosto coprenti, adatti per l’autunno-inverno. Punta sulla sostenibil­ità anche Swedish stockings, azienda che produce collant, disponibil­i online, utilizzand­o filato riciclato o ricavato da scarti della lavorazion­e del nylon, secondo processi che permettono di risparmiar­e energia e acqua e di ridurre al minimo la produzione di rifiuti. D’altra parte l’Adidas, con il progetto Parley, produce scarpe, costumi da bagno, maglie e altri capi di abbigliame­nto per lo sport, con materiali ricavati dai rifiuti di plastica.

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