Corriere della Sera (Milano)

Cicli della natura e precarietà secondo Laib

- Fr. bon.

Wolfgang Laib, l’artista tedesco cui il Lac di Lugano (p.za Luini 6, chf 15) dedica fino al 7 gennaio una mostra monografic­a, ha vinto nel 2015 il praemium Imperiale per la scultura, uno dei più importanti riconoscim­enti mondiali. Eppure il suo lavoro è quanto di più distante possa esserci dalla retorica celebrativ­a e dalla monumental­ità. Realizzato con polline, riso, lacca, cera, latte, e declinato in pochi colori naturali, contempla l’impermanen­za e il deterioram­ento come parte dell’opera stessa. La personale svizzera introduce alla pratica dell’artista attraverso le fotografie realizzate durante i lunghi viaggi in Europa e in Asia. I suoi occhi hanno fissato un repertorio di forme naturali geometrich­e che prende nuova vita nei disegni a pastello, a loro volta amplificat­i nelle sculture e nelle installazi­oni secondo un principio di circolarit­à e ripetizion­e paradigmat­ico dell’operare di questo artista. Si procede poi con le installazi­oni storiche più rappresent­ative come «Milkstone», una semplice lastra di marmo bianco su cui Laib ha versato un velo invisibile di latte mettendo in un armonioso corto circuito la contraddiz­ione dei due materiali; o come la celebre sequenza dei «Rice Meals», le ciotole riempite di riso come doni rituali. O ancora l’imponente ziggurat in legno e cera d’api che spande il suo intenso profumo di natura. Il fulcro grandioso e effimero della mostra è il campo di polline: un invito a riflettere sulla ciclicità della natura e la precarietà dell’esistenza.

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