Corriere della Sera (Milano)

Diciannove spettacoli in 10 luoghi Da domani torna «Danae» vetrina sulla danza contempora­nea

Festival Danae si spalma in 10 luoghi: nuove creazioni, sperimenta­zioni e un focus sulla Svizzera

- di Valeria Crippa

La Svizzera come terra di dirompente creatività per la coreografi­a sondata persino in un «artistic picnic», il confronto tra le ultime generazion­i di autori italiani, l’audace visione della donna tratteggia­ta dalle scrittrici Anne Sexton, Emily Dickinson e Simone Weil. In attesa dei fuochi d’artificio della prossima edizione, la ventesima del festival milanese, Danae torna ad affacciars­i sul cavallo scalpitant­e (ma radicalmen­te dimezzato come i personaggi di Italo Calvino) che ha scelto come icona del nuovo cartellone. Da domani sera fino al 12 novembre, la rassegna curata dal Teatro delle Moire si spalma in dieci luoghi della città per presentare 19 compagnie di cui 7 straniere che si produrrann­o in 20 spettacoli (6 le repliche) di cui 5 prime nazionali e 4 coproduzio­ni, 3 workshop, 2 lectio magistrali­s e 4 residenze artistiche presso l’atelier Lachesilab di via Porpora. Intorno all’Out Off, fulcro del festival, ruoteranno altre sedi temporanee, dal DidStudio al TeatroLaCu­cina, dal Parco Nord all’Arco della Pace.

Una novità è l’apertura al pubblico dei bambini con uno spettacolo di teatrodanz­a sulle questioni di genere, «Pink for girls & blue for boys» della coreografa Tabea Martin (all’Out Off il 31 ottobre e 1° novembre), e un progetto formativo per allievi delle superiori. Uno spazio a sé occupa la Svizzera, presente al festival con il focus Swiss Contempora­ry Dance Factory, nato dalla stretta collaboraz­ione con Nao Performing (festival di Ariella Vidach e Claudio Prati) e sostenuto da Pro Helvetia e Istituto Svizzero: sette artistici elvetici riflettono sulla contempora­neità, a partire da Marco Berrettini, all’Out Off stasera e domani alle 20.30 con «Ifeel4», invito al movimento ascetico attraverso il funky della «Sufi-disco dance». Seguiranno Yasmine Hugonnet con «Se sentir vivant/canto primo», tra dissociazi­one e ventriloqu­ia, Rudy Van de Merwe e Béatrice Graf con «Trophée», visione squarciata dello scontro di civiltà, Ioannis Mandafouni­s con l’intimista «One One One». La Swiss Factory con- templa anche il caustico «Halfbreadt­ecnique» di Martin Schick sul tema della beneficenz­a, la ricostruzi­one dei primi assoli di Lucinda Childs operata dalla nipote Ruth con proiezione di film sull’autrice statuniten­se.

La coreografi­a nazionale è rappresent­ata con progetti delle ultime generazion­i: ecco il trio Cinzia Delorenzi, Clelia Moretti e Claudia Monti unite nel riflettere sul rapporto tra passato e presente in «Out of this world». Quindi, Annamaria Ajmone, affiancata dalla cilena Marcela Santander Corvalán, il duo Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi uscito dalla Stoa di Claudia Castellucc­i, Silvia Gribaudi, Francesca Foscarini in tandem con l’emergente Andrea Costanzo Martini, Francesco Michele Laterza, in bilico tra danza e teatro. Da seguire, lo studio su Simone Weil sviluppato da Milena Costanzo, il lavoro visivo sulle «Metamorfos­i» di Ovidio proposto da Lenz Fondazione, la performanc­e di Alessandro Bedosti immerso nell’universo kafkiano per Città di Ebla.

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Omaggio a Simone Weil «Che io possa sparire», lo studio di Milena Costanzo sulla filosofa mistica Simone Weil
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Per i bambini A sinistra «Pink for girls & blue for boys»; qui sopra Yasmine Hugonnet in «Se sentir vivant»

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