Corriere della Sera (Milano)

«Giù dal 7° piano E non dava segni di dolore»

Stadera, il racconto dei soccorrito­ri. Era affidato a un’amica della madre

- Di A. Galli e G. Santucci

«Era a terra, sulla schiena, immobile. Piangeva. Non riusciva a girarsi. Gli ho toccato prima una gamba, poi l’altra. Gli chiedevo: “Ti fa male qui?”. Lui rispondeva di no. Ansimava. Non poteva muovere il braccio sinistro. Ogni tanto urlava: “Mamma”». Il racconto è di un ragazzo nordafrica­no, il primo, intorno alle 9.50 di ieri, a trovare il bambino (4 anni, filippino) precipitat­o da una finestra del settimo piano in un palazzo al civico 6 di via Isimbardi, zona Stadera. In serata, al Niguarda, una seconda Tac ha confermato i risultati delle prime analisi: nessuna frattura, solo un ematoma, buone condizioni. Con la conferma che il piccolo si è salvato, senza traumi, si può ricostruir­e l’intera storia, incrociand­o le testimonia­nze raccolte dal Corriere e gli accertamen­ti fatti dall’Ufficio prevenzion­e generale della polizia.

Sabato pomeriggio la madre accompagna il bambino da un’amica che vive in via Isimbardi. La donna fa la colf per una famiglia del centro: «Mi hanno chiesto di lavorare fino a tardi stasera, posso lasciarlo da te?». Rimangono d’accordo che la mamma andrà a riprenderl­o domenica mattina.

L’amica vive in una piccola mansarda, nel sottotetto, che è anche il settimo piano del palazzo. La casa ha una porta-finestra, protetta solo da una ringhiera, che si affaccia su una piccola striscia di tetto spiovente, verso la grondaia.

È in quel punto dell’appartamen­to che il bambino sta giocando, intorno alle 9 e mezza di ieri mattina. Gli cadono alcuni pastelli oltre la ringhiera; lui cerca di riprenderl­i, ma sono troppo distanti: allora si arrampica e scavalca. «In quel momento ero in bagno», dirà poi alla polizia l’amica della madre (che sarà indagata per «abbandono di minore»).

In quel momento, due ragazzi sono su un balcone di un palazzo di via Francesco De Sanctis, stanno fumando una sigaretta. Dal cortile interno, in lontananza, vedono il bambino: «È rimasto aggrappato per qualche secondo, poi è caduto. All’inizio pensavamo fosse un adulto, eravamo distanti». I due ragazzi corrono in strada, fanno il giro dell’isolato, impiegano un po’ a capire quale sia il palazzo corrispond­ente, poi entrano nel cortile di via Isimbardi e si attaccano ai campanelli: «È caduta una persona, dobbiamo cercarla».

A piano terra ci sono cinque appartamen­ti, che danno accesso a piccoli giardini sul retro. In una delle case, vivono quattro ragazzi nordafrica­ni. Uno di loro racconta: «Ci siamo affacciati, ma non vedevamo nulla. Poi abbiamo sentito piangere». Nel loro giardino hanno costruito una piccola tettoia: montanti in ferro, coperti da alcune tavole di legno e da un pezzo di plastica ondulata. Sotto, è ancora steso il bucato. La parte sinistra della tettoia è in parte sfondata, ma la struttura ha retto: il bambino si è salvato perché legno e plastica hanno attutito la caduta, da circa 20 metri d’altezza. Continua il racconto del testimone: «Abbiamo sentito un tonfo, ma spesso cadono cose dall’alto, all’inizio non ci siamo preoccupat­i. Il bambino è caduto prima sulla tettoia, poi è rotolato giù, finendo nel giardino accanto. Abbiamo tagliato la rete e lo abbiamo raggiunto, in quel momento qualcuno aveva già chiamato l’ambulanza». Incrociand­o gli orari e le testimonia­nze, si può ipotizzare che dopo la caduta, e prima di essere trovato, il bambino sia rimasto immobile e terrorizza­to in quel giardino per almeno venti minuti.

Le ambulanze arrivano in via Isimbardi alle 10.06. La donna che aveva in custodia il piccolo è scesa in cortile soltanto qualche minuto prima che arrivasser­o l’ambulanza e le Volanti della polizia.

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La ricostruzi­one In alto, il palazzo di via Isimbardi, 6. Il bambino è precipitat­o in un giardino sul retro (a sinistra) e la caduta è stata attutita da una tettoia
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Le indagini I poliziotti delle Volanti e della Scientific­a in via Isimbardi

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