Cavallo infortunato non si ferma e vince
San Siro, l’epica impresa di Full Drago: lo salveranno però smetterà di gareggiare
C’è in pista un cavallo che zoppica tra le due ali della piccola folla che verso la tribuna d’onore, al rientro dal vittorioso Gran Premio del Jockey Club da 250 mila euro, lo accompagna cadenzando commossi applausi secondo il ritmo del suo claudicare la zampa anteriore destra, appena lenìto dall’apprensione dell’artiere che lo scorta e dalle carezze di gratitudine del suo appiedato fantino Dario Vargiu. Perché Full Drago, puro- sangue italiano di 4 anni proverbiale per il suo coraggioso galoppare sempre al comando respingendo il ritorno degli avversari in furibondi testa a testa, come già in estate nel Gran Premio di Milano ha appena corso e vinto: ma — adesso se ne stanno accorgendo tutti da quell’incespicare che fa quasi sentire il dolore equino ad ogni appoggio di zoccolo — l’ha fatto nonostante si fosse già gravemente infortunato. Quell’incertezza già all’apertura delle gabbie.
E quel tagliare poi il traguardo vittorioso ma accorciando la falcata e mezzo storto, si intuiscono adesso essere la smorfia di dolore di chi neppure ha nitriti per raccontarlo. Forse alla vigilia gli allenatori padre-figlio Alduino e Stefano Botti avevano avuto qualche avvisaglia, testimoniata nella sfilata di presentazione dalla novità di una stretta fasciatura alle zampe. Del resto — anche quando non ci si mette la mala sorte letale di una buca (come di recente per la migliore sprinter italiana, Val Nanda) — 450 chili lanciati a 50 km all’ora su garretti di cristallo sono sempre uno stupefacente prodigio ma anche una sfida alla fisica, in purosangue che non potendo oltretutto essere ingessati, e avendo nell’immobilità grossi problemi di circolazione, hanno solo l’eutanasia come pietoso esito di alcuni tipi di fratture. Per questo Botti ieri a caldo tirava un sospiro di sollievo: le corse perderanno un campione, costretto al ritiro in razza, ma «per fortuna Full Drago non è in pericolo di vita».